Umile e arrogante, popolano e aristocratico,
sensuale e ascetico…
sensuale e ascetico…
Claudio Magris
la sua conversazione era brillante, arguta,
intramezzata da un gergo colorito e sboccato
intramezzata da un gergo colorito e sboccato
che lo rendeva assai simpatico...
Gianni Stuparich
Figlio del nobile tedesco
Raphael von Thümmel e della contessa friulana Adele Scodellari, Vito Timmel
nato a Vienna nel 1886, ma trasferitosi a Trieste con la madre dopo una
cospicua eredità è un artista importante e molto amato nel territorio giuliano,
ignorato nel resto del Paese, capace di compiere un percorso artistico
esemplare, ma anche una parabola discendente nella propria vita che lo porterà a
diventare da aristocratico ad ultimo tra gli ultimi.
Superata una malattia, forse
una meningite a sette anni, inizia a dipingere precocemente. E A Trieste, dove
la madre ha aperto una casa di moda, frequenta la “Scuola per Capi d’Arte” che
aveva l’obiettivo di formare “abili ed intelligenti operai per i diversi rami:
dell’industria del legno, dell’arte della scultura ornamentale e della pittura
decorativa dove studia sotto la guida del pittore Eugenio Scomparini. Poi,
torna a Vienna per diplomarsi alla Kunstgewerbeschule di Vienna che indirizzò
la sua attività artistica verso il simbolismo e lo stile secessionista.
Su di lui fu molto influente
l'opera di Gustav Klimt, che proprio negli anni formativi di Timmel fu presente
alla Biennale veneziana del 1910.
Dopo diversi viaggi di
formazione a Roma e Firenze e dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale
come riservista nell'esercito austroungarico, Timmel ritornò a Trieste dove rimarrà
tutta la vita, applicandosi oltre che alla pittura, alla grafica, alla
cartellonistica e alla attività decorativa.
Dà così vita a una pittura
pastosa e ricca, che lo pone vicino a Fausto Pirandello e Levi, ma anche alla
pittura più colta e contemporanea per esempio di matrice inglese e tedesca. Una
visione nella quale prevale l’elemento culturale e ideologico: Timmel si
proclama "il preferito della strada", il "Viandante”, che era
stato uno dei motivi prediletti del Superuomo.
Dopo una intensa attività
espositiva, due matrimoni e un figlio, negli anni trenta la sua salute psichica
va però ad aggravarsi, come rilevabile dal suo lavoro e soprattutto dai suoi
scritti. Il diario Il magico taccuino,
recentemente rieditato.
Instabile, debole di nervi –
come scrive Franca Marri - negli ultimi anni accentuò la visione pessimistica
della vita. Fu assorto, smemorato e sregolato nelle più banali azioni
quotidiane. Non di rado la sua personalità contrastò con il suo carattere
difficile, bizzarro, e da uomo mite, talora diventava offensivo e ribelle, e il
suo temperamento incontrollabile scatenava violenti paradossi verbali costruiti
su convinzioni assolute.
Sfiancato dai disturbi
neurologici e da una patologica pigrizia, dopo aver dilapidato quasi tutte le
sostanze, dopo i 50 anni Timmel si ritirerà da ogni vita pubblica perdendosi
tra bettole e stanze in affitto, dove comunque continua a dipingere. Ormai
alcolista cronico inizia a perdere la lucidità tanto che, alla fine del 1943,
iniziano i ricoveri nella “Villa Paganti” del Sanatorio neurologico e in
seguito all’internamento in un reparto psichiatrico di San Giovanni. Per ancora
2 anni riuscirà a dipingere alcuni quadri.
Tra dimissioni, fughe e
ulteriori ricoveri, Vito trascorrerà gli ultimi anni della sua vita in un
penoso stato confusionale con la perdita di ogni memoria e dignità umana. Nei
suoi disegni appariranno visioni oniriche storpiate da una sconvolgente
regressione infantile.
Compromesso nel fisico anche
per le “cure” ricevute, il nostro Vito von Thümmel con la sola vicinanza
dell’amico pittore Cesare Sofianopulo muore a soli 63 anni la sua vita
tormentata in una squallida stanzetta di San Giovanni, nel giorno di Capodanno
del 1949.
Tragica ed esemplare una delle sue lettere con un disegno regressivo, indirizzata nel 1945 all'amico Cesare Sofianopulo. E' la storia di un sogno, una camminata in Ospedale, nel caldo d'agosto, nella quale "...go perso una scarpa".
“Vito Timmel, "L'Incendio del Balkan", 1941 |
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