Prendete un pittore olandese dell’epoca
d’oro abituato alla solitudine, fategli vedere qualche quadro di Vermeer, poi
immergetelo nella pittura simbolista, in acqua fredda invernale, nella nebbia. Ecco che
emergerà, pronto per l’uso, Jan Mankes. Un pittore anomalo, morto a trenta anni
di tubercolosi dopo aver prodotto 200 dipinti, 100 disegni e 50 incisioni.
Nato nel 1889 a Meppel vive sempre
sospeso tra timidezza, ascesi e isolamento. E quando si sposa, nel 1915, lo farà
con Anne Zernike, la prima donna ordinata ministro di fede. Non ha mai lavorato,
vende pochissimo, ma ha la fortuna di essere sostenuto finanziariamente da un
collezionista, il mercante di tabacco A.M. Pauwels (1875-1952) che gli invia
costantemente denaro e con il quale intreccia un fitto epistolario recentemten
pubblicato.
autoritratto giovanile |
La sua pittura oscilla tra realismo, simbolismo, astrazione.
Un percorso nell’anima reso con un
utilizzo quasi virtuosistico della pittura ad olio, che opera e agisce per
velature, donando alle immagini, mistero e malinconia, e ai bianchi una
dominante perlacea.
Mankes dipinge sesso gli animali, che studia quasi memoria, prima di ritrarli.
Uno dei suoi animali preferiti
(che teneva nella sua camera da letto) era un gufo, inviato dal suo benefattore
Pauwels.
Stupendo.
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