Uno degli aspetti più caratterizzanti del simbolismo
tra ‘800 e ‘900 è stato quello di rappresentare, anzi di voler creare il mito de “la donna
fatale”, dove il fato è da intendersi come pulsione mortale verso la quale il destino ci conduce, come caso maligno che può cambiarti la vita.
Questo idolo di perversione esiste e l’icona si
chiama Elle (Lei) e venne dipinta dal pittore simbolista francese Adolf
Mossa nel 1905.
La figura principale è un nudo femminile con i capelli castani e grandi occhi apparentemente dolci e tristi. ”…Partiamo dall'alto. Ci sono due corvi in entrambi i lati della testa, come se i capelli fossero un nido, un uccello del malaugurio, che sta proteggendo tre piccoli teschi orientati in tre direzioni diverse, un'allegoria del tempo: passato, presente e futuro… È la fine dei tempi? Probabilmente. Un’aura dorata le circonda il capo. Ma, potrebbe essere Elle un santo? Niente affatto, probabilmente si tratta di un elemento blasfemo. Il volto pallido, gli orecchini e la collana indicano che la donna potrebbe appartenere alla aristocrazia vittoriana, quindi contemporanea al pittore…. Arriviamo fino in fondo, dove si trova l'indizio dell'interpretazione del dipinto: la vetta è una montagna fatta da cadaveri umani, probabilmente di sesso maschile. Rispetto ai corpi umani, Elle è un gigante, senza dubbio l'incarnazione di un mostro cattivo, forse la Bestia dell'Apocalisse, l'incarnazione di tutto il male per gli uomini…”.
La figura principale è un nudo femminile con i capelli castani e grandi occhi apparentemente dolci e tristi. ”…Partiamo dall'alto. Ci sono due corvi in entrambi i lati della testa, come se i capelli fossero un nido, un uccello del malaugurio, che sta proteggendo tre piccoli teschi orientati in tre direzioni diverse, un'allegoria del tempo: passato, presente e futuro… È la fine dei tempi? Probabilmente. Un’aura dorata le circonda il capo. Ma, potrebbe essere Elle un santo? Niente affatto, probabilmente si tratta di un elemento blasfemo. Il volto pallido, gli orecchini e la collana indicano che la donna potrebbe appartenere alla aristocrazia vittoriana, quindi contemporanea al pittore…. Arriviamo fino in fondo, dove si trova l'indizio dell'interpretazione del dipinto: la vetta è una montagna fatta da cadaveri umani, probabilmente di sesso maschile. Rispetto ai corpi umani, Elle è un gigante, senza dubbio l'incarnazione di un mostro cattivo, forse la Bestia dell'Apocalisse, l'incarnazione di tutto il male per gli uomini…”.
La beffa è che Gustav-Adolf Mossa, nato a Nizza nel 1883 morirà nel 1971, in tempo per
vedere il ’68 francese e le lotte per la liberazione della donna, che forse aveva così
temuto.
Figlio del pittore Alexis Mossa (1844-1926), autore
di numerosi manifesti per il Carnevale di Nizza e dei progetti dei suoi famosi carri ed extravagances, ha subito una forte influenza
paterna, tale da differenziarlo dagli altri pittori simbolisti, e probabilmente
cambiarne il corso della vita. Visionario, forse meno attento alla tecnica di altri suoi
colleghi, mette in scena le sue visioni, realizzando praticamente in meno di 20
anni, dal 1900 al 1918 il corpus del suo lavoro, che sarà scoperto e rivalutato
solo dopo la sua morte, negli ultimi vent'anni del ‘900.
E’ bello, un po’ metrosexual. Dopo gli studi a Nizza,
l’Esposizione Universale del 1900 lo esalta, dipinge, scrive poesie, commedie e
poi sceneggiature.
Sua madre è italiana, e anche lui parla italiano, e viaggia a
lungo in Italia, anche con il padre con cui è legato da un legame fortissimo, e con il quale collabora a progettare numerose edizioni del Carnevale di Nizza.
Si sposa nel 1908, espone, ma costretto a partire per
la I Guerra Mondiale, viene gravemente ferito. Inizia a cambiare stile, e nel 1918 si
lascia dalla moglie.
Nel giro di pochi anni muore la madre, il padre, e smette quasi di dipingere, accettando di succedere al padre come curatore del Museo di Belle Arti di Nizza. Dopo la morte della seconda moglie, si sposerà nuovamente nel 1956 con Marie-Marcelle Butteli, che soprannominò "Violette".
Nel giro di pochi anni muore la madre, il padre, e smette quasi di dipingere, accettando di succedere al padre come curatore del Museo di Belle Arti di Nizza. Dopo la morte della seconda moglie, si sposerà nuovamente nel 1956 con Marie-Marcelle Butteli, che soprannominò "Violette".
Le sue composizioni spesso drammatiche, i disegni quasi
grotteschi, analizzano le situazioni di vita denotano una continua analisi
psicologica, nella quale riferimenti a miti, favole si mischiano a pulsioni sessuali
e psicoanalitiche, Eros e Thanatos, forse una non dichiarata omosessualità.
Ma la sua è una grande pittura, affascinante.
Pierrot se ne va, 1905 |
Carnevale di Nizza, 1910
Scusi, ma l'illustrazione sopra alla foto del "Carnevale di Nizza" non è di Jean Delville?
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