UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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domenica 28 luglio 2019

PAOLO FIORENTINO. ARCHITETTURA INTERIORE


A poco più di 50 anni il cuore di Paolo Fiorentino (1965-2018) ha smesso di battere dopo una lunga convivenza con i suoi problemi cardiaci e dopo anni di silenzio e distacco dal mondo dell’arte. I suoi quadri raffiguravano città e architetture surreali e metafisiche, spesso su sfondi a tinta unita. Non esistono, sono proiezioni e introiezioni di un secolo di architettura.
In qualche modo Sorrentino l’alter ego romano delle esperienze milanesi di Marco Petrus (1960), quasi coetaneo.

Un percorso che in alcuni anni ha avuto come compagno di viaggio  anche l'architetto e artista romano Massimo Catalani, che ha usava pigmenti per costruire masse e forme.

 





Bello il ricordo dell’artista Massimo Livadiotti:

Ho diviso con lui per diversi anni il mio studio a piazza Vittorio e li ricordo come anni indimenticabili. Era un artista profondo e con una forte sfumatura romantica; ricordo ancora l’episodio in cui rifiutò di partecipare alla Biennale di Venezia come un gesto di grande coerenza intellettuale non comune ad artisti della sua generazione. 

Lo conobbi negli anni 80 come un giovanissimo pittore en plein air. Andava in giro per la sua amata città a dipingere piccole vedute su tavola della Roma che più amava…porzioni di paesaggi urbani in cui il dialogo tra natura e antiche vestigia si tingeva di bellezza. 

Negli anni '90 fu tra i fondatori della galleria Il Polittico e contribuì notevolmente al successo di quello spazio culturale. Nel 1996 la sua partecipazione alla Quadriennale di Roma sancì il suo definitivo successo a livello nazionale tra i pittori emergenti. Nel 2002 vinse il Premio Michetti e di lì a poco entrò a far parte della scuderia degli artisti di Italian Factory che lo consacrò anche a livello internazionale. Verso la fine degli anni 2000 cominciò un suo percorso a ritroso e di grande riflessione che lo portò lentamente a isolarsi sempre più dall’ambiente del mondo dell’arte contemporanea, da lui ormai considerato un mondo superficiale ed effimero.

 


 
 


MARCO PETRUS

  


MASSIMO CATALANI 

 


 
MARCO VERRELLI


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CARLO MATTIOLI. LECCIO, QUERCIA, TEMPESTA

Un albero come punto di arrivo in un percorso personale, che trova numerosi riferimenti, ma mai adesioni a stereotipi. Una pittura nella quale molti critici hanno ravvisato il frutto della lezione di Morandi, Sironi e de Staël, oltre a singolari tangenze col Burri dei sacchi e cellotex (come emerge dalla mostra alla Fondazione Magnani Rocca), ma che si incrocia anche con la famosa serie degli alberi di Schifano, e perché no, in alcuni lavori di Sergio Toppi e Ferenc Molnar con l'orizzonte che viene magicamente alzato nella parte superiore dela tela. Perché le sue opere sono belle, ovvio (cercatelo in rete), ma sono soprattutto sincere. Mio padre avrebbe detto "un soffio..."




Mattioli nasce l’8 maggio 1911 a Modena, figlio di un pittore figurativo e docente, che conduce la famiglia a Parma, dove Carlo studierà Belle Arti. Nel 1937 si sposa con Lina, protagonista di molte sue opere, ritratti, nudi, iniziano dagli anni ’40 a occuparsi di grafica.
Del 1943 la prima personale alla Galleria del Fiore di Firenze. I nudi lasciano spazio alle nature morte, quindi ai paesaggi di Parma, ai notturni, e infine paesaggi arsi dal sole e dalle nubi.
Come citato nel sito a lui dedicato “Sono forme di frequentazione e consuetudine antiche viste, meditate infine disseppellite dopo molto tempo in un’esplosione di colori per lui inediti: le spiagge, i campi di papaveri e di lavanda, le ginestre, le aigues mortes, gli alberi, la Versilia, le colline di Castrignano, le foreste di Birnam, i boschi.”
Nel 1983 muore Lina. Nello stesso anno avviene la grande donazione all’Università di Parma.
Nel 1993 esegue gli ultimi quadri a olio. Una nuova pagina. Sono calanchi bianchi, come fantasmi di pietra. Muore a Parma il 12 luglio del 1994.










lunedì 22 luglio 2019

LE PICCOLE STANZE DELLA MORTE: GLESSNER LEE

Guardate bene, forse vedrete una traccia che è sfuggita, un dettaglio, magari l’arma del delitto. Guardate bene, forse vedrete una traccia che è sfuggita, un dettaglio, magari l’arma del delitto. Sono i diorami costruiti da una donna in età avanzata, Frances Glessner Lee (1878 - 1962) uno dei propulsori della scienza forense negli Stati Uniti. Pioniera della disciplina, Lee ha contribuito a creare il Dipartimento di Medicina Legale di Harvard e ha dotato la Magrath Library of Legal Medicine, prima donna capitano di polizia negli Stati Uniti, dopo aver iniziato tardi e dopo aver lottato a lungo con la famiglia che non accettava la sua scelta, libera di fare quello che voleva solo dopo il divorzio e la morte del padre.

I Nutshell Studies of Unexplained Death, 20 veri diorami della scena del crimine vennero ricreati nei minimi dettagli a scala di case delle bambole, utilizzati per addestrare gli investigatori di omicidi. Diciotto studi su Nutshell Death sono ancora in uso per scopi didattici dall'ufficio del Maryland del Chief Medical Examiner e sono considerati opere d'arte.







 



scene del crimine. polizia criminale, anni '30, 
colorazione digitale