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La fantasia è un posto dove ci piove dentro.
Italo Calvino
Italo Calvino
"Per guadagnare da vivere io non
dispongo che dei prodotti derivati dalla mia paura... La realtà in sé è
orribile, mi dà l'asma. La realtà è insopportabile senza gioco... Io non posso perdere
il contatto con la realtà, ma per sopportarla ho bisogno di questo gioco
astratto che mi permette di trovare quello che può essere ancora umano."
Questo scriveva Roland Topor. Ed è subito chiaro che con lui non ci sono
mezze misure. Anche nei suoi anni d’oro, primo dell’oblio, Topor si amava o si
odiava. E a me, da ragazzetto amante dell’arte, stava francamente sulle balle.
Con quella sua faccetta tonda, da brachicefalo, e quei suoi modi sbruffoncelli.
Almeno così mi sembrava quando vedevo che si faceva fotografare mentre
disegnava con la luce, scimmiottando Picasso o si presentava come attore in
veste di Renfield il Matto nel Nosferatu di Werner Herzog.
Poi, nel tempo, ho iniziato a trovare su di lui frammenti, racconti e
riferimenti, che sembrava mi cercassero. E ho iniziato a vedere tracce di
genialità in immagini, grafiche, schizzi, racconti.
Mi capitò ad esempio, di imbattermi nel suo fantasma, nel percorso di tesi
di laurea su “Il Viaggio di Mastorna”
la sceneggiatura del film sempre sognato e mai realizzato da Fellini. Quando
alla fine di mille giri arrivai a parlare al grande Federico, mi disse che era
proprio Topor la fonte di molti suoi sogni, per il Mastorna, il Casanova, La città delle Donne. Il talento visionario
che iniziava a buttar giù immagini esagerate e trasgressive a ogni suo input, e
che gli passava come macchina del pensiero: “…lo
tenevamo chiuso in stanza d’albergo vicino a casa sua a via Margutta. Io lo
chiamavo “Il Generatore” mi disse Fellini “…non sai mai cosa fa, scarabocchia
per ore, fa strani rumori, fuma, va in bagno, esce, torna, ma produce sempre
follia ed energia positiva”.
Anche Giovanni Gandini, fondatore di Linus,
raccontò che era la persona più imprevedibile che avesse mai conosciuto, come
quando si rovesciò al ristorante un tubo di ketchup in testa per raccontare
l'idea di una nuova copertina.
Iniziai così a leggerlo, e poi a capirlo. Per esempio quando scoprii che
dal suo romanzo "Le Locataire
Chimérique", scritto a 25 anni, era stato tratto "L'inquilino del Terzo piano" opera
simbolo di Roman Polanski. Un film capolavoro, mai più rivisto in una normale
programmazione televisiva.
E ora che Topor non c’è più, rimango sorpreso a vedere molti pochi lo
ricordino, mentre le nuove generazioni lo ignorano proprio. Forse servirebbe
una mostra, vera, magari sotto forma di happening, capace di ridare vita ai
suoi mostri, incubi attualissimi e corrosivi ancora adesso.
Roland Topor è stato uno scrittore, sceneggiatore e illustratore francese
di origine ebreo-polacca. Nasce a Parigi il 7 gennaio del 1938, figlio del
pittore e scultore Abram Topor. Ancora bambino, fugge da Parigi con la famiglia
in Savoia per sfuggire all'occupazione nazista.
Dopo la guerra studia all'École
Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi. Si trova così con un’ottima
preparazione tecnica, in anni esplosivi. Dal 1961 al 1965, collabora alla
rivista satirica mensile Hara-Kiri,
dove si fa notare per un cinico humor nero, tipico dei suoi lavori, e dove si
faranno le ossa molti dei futuri protagonisti di Charlie Hebdo come Wolinsy.
È tra i fondatori, nel 1962, del celebre movimento surrealista Panico («tutto ciò che amava il Surrealismo ma senza Breton a
sorvegliarci»), assieme a due registi e
intellettuali come Fernando Arrabal e Alejandro Jodorowsky, come dire NITRO e
GLICERINA.
Intanto nel 1964, scrive il suo primo romanzo. Perché nella sua breve ed
eccentrica carriera artistica ha fatto di tutto: dalla pittura
all'illustrazione, dal teatro alla fotografia, dall'incisione alla scultura,
dal cinema alla musica alla televisione. Tutto questo, sperimentando nuovi
linguaggi, rimanendo sempre fedele alle sue convinzioni e ai suoi principi.
Degno Erede del nichilismo dadaista.
Prendete questo passo de La couisin cannibale, per la Ricetta della Mamma alle Rose Bianche: «Baciate la mamma su entrambe le guancie poi
tagliatela in due: gettate in acqua bollente; levate la testa che sorride
bonariamente - vi farebbe passare l'appetito - la colonna vertebrale e tutte le
ossa che possono essere tolte. Preparate le patate bollite che taglierete a
rondelle e metterete in insalata. Mischiate l'insalata con pezzetti di mamma e
condite tutto con olio d'oliva prima di servire. Non dimenticate di aggiungere
qualche rosa bianca sotto il piatto: serviranno a proteggere la tovaglia,
inoltre la mamma le amava tanto...».
C’è chi ha visto in lui le fantasie devianti di un moderno Hieronymous
Bosch che costruisce proprio per riuscire a esorcizzarle. Ha scritto Luca
Sforzini: “Viviamo i dettagli angoscianti
delle sue opere, fino quasi a sentirne l'acre odore e ad apprezzare, sconvolti,
l'elasticità delle carni lacerate. Il mondo rivela la sua doppiezza,
l'ipocrisia strisciante e l'artista, indignato, la mostra in tutta la sua
repellente virulenza”
Da ricordare anche la sua collaborazione, in Italia, che frequentò a lungo,
collaborando con la rivista satirica "Il
Male” e con “Linus”.
Nel 1973 il lungometraggio di animazione "Il pianeta selvaggio", firmato con René Laloux. Prodotto tra
gli altri da Roger Corman è considerato uno dei primi esempi di film in cui
viene introdotto il tema dell'antispecismo,
rovesciando la classica prospettiva secondo la quale la specie umana sarebbe la
più evoluta, e quindi la più importante, di tutte le specie terrestri.
Morirà per emorragia cerebrale, dopo alcuni giorni di coma, il 16 aprile del 1997 a 59 anni
a Parigi.
Come chiudere questo racconto? Così:
“Tutti vogliono salvare il mondo ma
pochi aiutano la mamma a lavare i piatti.” E’ sua.
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