Alla domanda di Pier Maria Bardi
se avesse ricevuto alcun influsso dalla scultura tedesca, aveva risposto nel
1914: «Al contrario, la scuola tedesca è stata influenzata da me ». Dichiarazione
di un artista di fulminante e mondano successo, che ritenne più volte di
doversi esprimere e giustificare la propria poetica, e che giunse a ritrarre
eminenti personaggi pubblici quali Paul von Hindenburg (1928) o celebrità dello
spettacolo e icone della mascolinità e della femminilità quali il boxeur Jack
Dempsey e Marlene Dietrich (1931), cittadino del mondo, oggi fortemente
dimenticato. Almeno in Italia.
Figlio del corrispondente da Roma
della Freie Presse di Vienna -
e di Maria Unger, austriaca, nacque a Roma nel 1884. Studia in Italia, a
Monaco, poi va a Londra e infine si stabilisce a Parigi nel 1911 e nel 1916
opta per la nazionalità di tedesca, combattendo nella prima guerra mondiale.
Manifestò un interesse precoce per
le arti figurative, recandosi nel 1903 a Monaco per studiare pittura e disegno
all'Accademia di belle arti con Otto Greiner. Scontento dell'insegnamento
accademico e scoraggiato dal maestro, tornò a Roma l'anno seguente; dipinse
alcuni quadri, in cui sono evidenti accenti espressionistici, chiaramente
mutuati dal pittore svizzero F. Hodler. Un soggiorno a Londra nel 1909-1910 e
il contatto a Parigi, dove si stabilì nel 1911 e infine a Berlino.
La prima attività scultoria di De
Fiori, a Parigi negli anni 1911-13, testimonia ricerche formali indubbiamente
vicine ad Archipenko e Brancusi: in seguito, il suo riferimento per questo
periodo sarà da lui indicato in Maillol, il che significa rinnegare questa fase
sperimentale della propria formazione. De Fiori si contrappone dapprima al
movimento dada (1918), guadagnandosi gli sberleffi di Max Ernst, quindi all’astrattismo.
E’ ambiguo nei confronti del nazismo e dell’antisemitismo, sino a quando partirà
per il Brasile per non tornare più in Germania.
Morì a San
Paolo il 24 apr. 1945. Gli fu dedicata una sala speciale nella XXV Biennale di
Venezia (1950) ed ebbe una grande retrospettiva nel 1975 al Museo d'arte
contemporanea di San Paolo.
Sulla sua attività si conservano
alcune sequenze del film «Schaffende Hände» (mani che plasmano, girato nel ’27
da Hans Cürlis), che ce lo mostrano chiaramente come un modellatore.
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