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Suicide with Skyscrapers [Man on the Ledge], 1940. Stuyvesant Van Veen.
“Il suicidio può essere considerato un esperimento - una domanda che l'uomo pone alla natura, cercando di costringerla a rispondere. La domanda è questa: Quale cambiamento produce la morte nell'esistenza di un uomo e nella sua visione della natura delle cose? Si tratta di un esperimento maldestro da compiere, perché comporta la distruzione della coscienza stessa che pone la domanda e attende la risposta.”ARTHUR SCHOPENHAUER
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Il suicidio del pittore, Arnaldo Badodi, 1937
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Il suicidio di Asger di Asger Jorn, 1962
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Oskar Nerlinger, The Last Exit, 1930
Victor Brauner
"Suicide at Dawn" (1930, oil on canvas)
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Topoino, 1930 |
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Mark Kostabi Suicide By Modernism, 2005
Gelij Korzsev. Judas
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Fake Death Picture, Yinka Shonibare MBE. One of the digital paintings on display. The outfit ‘Nelson’ is wearing is a replica of his Trafalgar uniform minus the bullet hole
Antoine Wiertz, The Suicide, 1854
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La morte di Casagemas, Picasso
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John Canavesio (1450 - 1500) The Suicide of Judas, ca. 1492
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Vincent Desiderio
drowned by george frederic watts c 1850
James Ensor, Skeletons Fighting Over a Pickled Herring, 1891
Frankenstein, 1931
George Grosz, "Suicide", 1917
James Ensor, Skeletons Fighting Over a Pickled Herring, 1891
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Frankenstein, 1931
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George Grosz, "Suicide", 1917
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Frida Kahlo - Il suicidio di Dorothy Hale (1939) |
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L’11 febbraio 1963 la poetezza Silvya Plath si alza alle 4,30 per comporre le sue poesie, dopo aver
portato la colazione nella stanza dei figli, spalanca la finestra della
loro camera e sigilla le fessure della porta con nastro adesivo ed un
asciugamano. Va in cucina, anche qui sigilla tutte le fessure, poi infila la testa dentro il forno e accende il gas.
L’ultima poesia scritta da Sylvia Plath porta la data del 5 febbraio 1963: Limite. “La donna ora è perfetta Il suo corpo morto ha il sorriso della compiutezza, l’illusione di una necessità greca fluisce nei volumi della sua toga, i suoi piedi nudi sembrano dire: Siamo arrivati fin qui, è finita. I bambini morti si sono acciambellati, ciascuno, bianco serpente, presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota. Lei li ha raccolti di nuovo nel suo corpo come i petali di una rosa si chiudono quando il giardino s’irrigidisce e sanguinano i profumi dalle dolci gole profonde del fiore notturno. La luna, spettatrice nel suo cappuccio d’osso, non ha motivo di essere triste. E’ abituata a queste cose. I suoi neri crepitano e tirano.”
L’ultima poesia scritta da Sylvia Plath porta la data del 5 febbraio 1963: Limite. “La donna ora è perfetta Il suo corpo morto ha il sorriso della compiutezza, l’illusione di una necessità greca fluisce nei volumi della sua toga, i suoi piedi nudi sembrano dire: Siamo arrivati fin qui, è finita. I bambini morti si sono acciambellati, ciascuno, bianco serpente, presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota. Lei li ha raccolti di nuovo nel suo corpo come i petali di una rosa si chiudono quando il giardino s’irrigidisce e sanguinano i profumi dalle dolci gole profonde del fiore notturno. La luna, spettatrice nel suo cappuccio d’osso, non ha motivo di essere triste. E’ abituata a queste cose. I suoi neri crepitano e tirano.”
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