Trasparente come il vetro l’amore
di Vittorio Zecchin per l’arte in tutte le sue espressioni. Un maestro che ha unito come pochi pittura,
arte tessile, design e la cultura del vetro di Murano, troppo artigiano nell’animo,
forse, per riuscire ad affermarsi come artista assoluto.
Muranese lui stesso, Vittorio
Zecchin (1878-1947), diplomato all’Accademia di Belle Arti di
Venezia, Zecchin si distingue ben presto per l’insofferenza nei confronti della
cultura verista tardo ottocentesca, e viceversa per l’adesione ad alcuni degli
impulsi provenienti dalle Biennali lagunari, che gli permettono di approfondire
le ricerche simboliste e le proposte delle avanguardie mitteleuropee,
secessione in testa, nel mito di Klimt. E sono queste le sue opere più belle,
texture poetiche e visionarie che vanno ben al di là del decor liberty e andrebbero sicuramente valorizzate.
Partecipe della grande stagione
che vede nelle mostre di Ca’ Pesaro il suo centro propulsore (periodo in cui
realizza e presenta arazzi, ricami e vetri smaltati), Zecchin entra in contatto
e collabora con diverse figure operanti nel contesto lagunare, tra cui il
pittore Teodoro Wolf Ferrari e gli Artisti Barovier. Nel ruolo rilevante di
direttore artistico della Cappellin Venini (1921-1925) e poi della M.V.M.
Cappellin & C. (fino al 1926) progetta vetri dall’impatto innovativo e
dall’originale raffinatezza, senza rinunciare mai alla ricerca sulla
stilizzazione della forma con una modernità che stupisce alla luce della sua formazione classica. Continua, nel corso degli anni
trenta, a dedicarsi alla creazione di vetri raffinatissimi, collaborando con
diverse vetrerie e dagli anni trenta e nell'ultimo decennio della sua vita, si
dedica anche all'insegnamento in diversi istituti professionali
veneziani tra cui la “Scuola per l'Industria Vetraria” di Murano (nel 1934) e
la scuola per apprendisti vetrai “Abate Zanetti” (dal 1936).
Le mille e una notte, 1914, firmato con le iniziali V.Z, tempera su tavola, 58 x 65 cm,venduto a 75.000 euro |
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