Signore e Signori, collegate gli occhi al cervello. Sto per presentarvi il “Monumento per la Terza Internazionale
Comunista” immaginato da Vladimir Yevgrafovich Tatlin (1885 – 1953), pittore e
scultore, maestro del Costruttivismo,
movimento da lui fondato insieme a Rodcenko, nel 1917.
In parole semplici, uno
dei geni del ‘900. Punto e virgola.
L’edificio monumentale era stato commissionato direttamente da Lenin nel 1919 all’IZO (Dipartimento di Belle Arti della Russia bolscevica, che sarebbe stato diretto anche da Tatlin) nell’ambito del piano per commemorare l’avvento della Terza Internazionale. Con un obiettivo preciso: “dare vita a una costruzione che mostrasse l'importanza del nuovo orizzonte storico, ma che fosse, al tempo stesso, priva di retorica celebrativa”. Insomma una cosa che non era mai stata fatta prima. Un monumento senza barba.
Dopo la Rivoluzione d’Ottobre del
‘17, gli artisti delle nuove avanguardie erano stati, infatti, arruolati dal
regime, per volontà dello stesso Lenin, convinto del potere evocativo dell’arte, e che gli artisti fossero
gli unici in grado di costruire la nuova immagine dello Stato, plasmato secondo
la nuova ideologia.
Nell’ambito di questa visione, molte furono le proposte di opere basate su idee
“costruttiviste”, delineate da un’utopistica - anzi ideale - visione per una
nuova società. Desiderosi non di costruire, ma di “ricostruire”.
E’ in questo contesto che compaiono progetti, ed anche costruzioni, che puntano ad
aggredire una delle qualità fondamentali dell’architettura, quella cioè che
lega l’asse principale di un intero edificio e le singole parti di esso alla
linea di gravità del filo a piombo (H.
Sedlmayr dal celebre volume “La perdita del centro”).
Ma torniano alla Torre. Il progetto definitivo prevedeva che questo monumento dovesse divenire più
alto addirittura della Torre Eiffel,
che Tatlin aveva visitato nel 1914, con uno sviluppo in altezza quantificabile
in 1300 piedi (400 metri circa).
La forma del monumento, secondo il progetto sviluppato da Tatlin, prevedeva
due spirali con uno sviluppo reciproco in senso contrario, costruite intorno a
un volume conico con un’inclinazione rispetto al terreno corrispondente alla
curvatura terrestre, quindi tale da dare l’impressione di un cedimento della
struttura.
All’interno, caratterizzato da una rete di cavi e di sostegni di acciaio
c’era posto per 3 edifici di cristallo sovrapposti, capaci di ruotare sul
proprio asse a diverse velocità. Dal basso verso l’alto, il primo edificio
doveva essere di forma cubica, rotante rispetto al proprio asse con un periodo
di rotazione di un anno, pensato per ospitare le assemblee legislative. Il
secondo, poggiante sul primo, doveva essere a forma di piramide, con periodo di
rotazione di un mese, mentre al suo interno si sarebbero svolti i lavori
dell’esecutivo. Il terzo infine, di forma cilindrica, doveva compiere un giro
completo in un giorno e costituire la sede dei servizi stampa e di ogni mezzo
che avrebbe dovuto informare il proletariato: un ufficio telegrafico e una
regia video per proiettare slogan su uno schermo.
Operai lavorano al modello, alto 15 piedi |
I progetti per il monumento portarono alla realizzazione di modelli, poi
andati distrutti, che furono esibiti a San Pietroburgo e Mosca nel dicembre del
1920.
Scarso (e spaventato) l’entusiasmo di regime, che, di fronte alla potenza
espressiva dell’opera, sollevò il problema come da essa mancasse ogni raffigurazione
di Lenin. Ma in realtà iniziò a capire di aver dato troppo spazio alla
creatività.
Progressivamente, ufficialmente per motivi economici e per la difficoltà di
realizzazione, ma in realtà per l’inizio di una repressione culturale ormai
crescente, il governo abbandonerà la politica di “propaganda artistica” e
l’opera resterà solo un progetto. Oggi ricordato da poche fotografie e da
ricostruzioni in scala.
Variante o replica di accademia (anni '20 o '30) della tela di El Lissitsky del 1921/22
intitolata "Tatlin lavora al Monumento".
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Di questo periodo, coincidente la caduta degli ideali rivoluzionari,
esemplare il libro di Norman Jacobson “Una
generazione che ha dissipato i suoi poeti. Il problema Majakovskij”,
racconto della vita e la morte del grande scrittore russo.
Ed emblematico, come capitolo finale di questo post e di quella, che
possiamo definire una tragica utopia civile, il suicidio di un altro
giovanissimo e grande poeta come Sergei Yesenin. Il 27 dicembre 1925, dopo essere stato dimesso dall’ospedale psichiatrico,
e dopo l’ennesima segnalazione della polizia politica, si taglia un polso e
scrive una poesia d'addio con il suo stesso sangue. Il giorno dopo s'impiccherà
ai tubi del riscaldamento che passano sul soffitto della sua camera, la numero
5 dell'Hotel Astoria (allora chiamato Hotel d'Angleterre) di San Pietroburgo. Aveva 30
anni.
Il sogno è finito.
Bellissimo. Pochissimo so di architettura ma resto sempre affascinata dal tormento che genera creatività , questo mi sembra la nonna del Guggeheim a Bilbao
RispondiEliminaSeguo spesso il vostro blog; questo post è davvero ben scritto ed esauriente, su un opera che è davvero fondamentale per la storia dell'arte europea. Grazie!
RispondiEliminaGrazie, fa molto piacere :-)
RispondiEliminaGran bella storia. Da architetto capisco sia l'impulso geniale che lo spavento. La creatività è rivoluzionaria veramente, mentre le rivoluzioni politiche lo sono per poco...
RispondiEliminaOttima informazione,grazie!
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