Caro
Accatino,
grazie
della tua lettera. Essa è una prova del tuo animo generoso e del tuo amore per
la pittura. Se almeno tra noi c’è civiltà e rispetto e reciproca fiducia e
stima, ciò ci dà la forza a resistere contro i tanti cani arrabbiati che urlano
contro il lavoro umano e contro le opere dell’ingegno.
Perciò
la tua lettera mi giunge assai cara e mi commuove. Vorrei vederti più spesso e
se credi di farmi vedere la grande pittura che stai facendo te ne sarò grato.
Abbiamo bisogno, per questa grande battaglia di rinnovamento dell’arte
italiana, di tutte le forze nostre migliori. Una nuova forza è incominciata,
superato il momento della polemica e della confusione dei termini. Perciò
“realismo” significa ormai qualcosa di più profondo e vasto del “neo-realismo”,
come noi (pochi) abbiamo sempre voluto e chiesto, e come nel lavoro di ci siamo
impegnati a testimoniare.
Già si vede chi ce la fa e chi non ce la fa. Ora noi facciamo un giornale per
il quale vorremmo sforzarci di segnalare il meglio che c’è in questa corrente,
al di fuori di ogni settarismo politico, ma solo per l’arte italiana reale ed
umana, comprensibile e profondamente legata ai nostri sentimenti, alle azioni,
alla vita del nostro popolo e alle sue tradizioni nelle stesso tempo culturali
e popolari, di lavoro, di lotta e di genio.
Ti
abbraccio. Renato
Guttuso
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Renato Guttuso, 1950 |
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Enrico Accatino 1949
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Siamo tra il 1947 e il 1949. Renato Guttuso è un pittore di successo, di casa alla
Biennale di Venezia, nei collettivi,
nei salotti e nelle redazioni di tutta Italia. Ha circa 40 anni, e comunista
della prima ora, si gode ora il privilegio di essere uno che, in fondo, lotta ma ha già vinto.
Uno che viene supportato dal partito, che vende bene. Un rivoluzionario che si
potrebbe sedere.
Ma
è proprio così? Non
sembra in questa forte e illuminante lettera inedita che ci piace condividere
per la prima volta e che svela la forte tempra morale e idealista che
caratterizza il primo Guttuso, e che unisce per alcuni anni due artisti con
storie e approdi fortemente diversi.
Nove
anni di differenza sono niente quando si è adulti. Un abisso quando hai 29 anni
e stai debuttando nel mondo dell’arte. Questa la condizione di Enrico Accatino
(Genova 1920-Roma 2007), giunto a Roma dopo un lungo andirivieni tra Italia (ha
fatto persino il tonnarotto alle mattanze di Carloforte come pescatore di tonni) e Francia, dove ha conosciuto Matisse, al quale
Renato Guttuso al vernissage della sua prima mostra a via Margutta decide di comprare
i suoi primi due quadri. Complice Roberto Melli, che li ha presentati e che con
entrambi condivide le merende sulla terrazza della sua casa popolare a
Testaccio e l’aver visto in un ragazzo senza arte né parte ripercorrere i suoi
stessi soggetti. Quello che li unisce è un’attenzione per le persone umili, il lavoro dei campi
(molte opere hanno nomi simili: zappatori,
vangatori, spaccapietre…) delle persone più semplici. Ci arrivano per due
strade diverse, politica per Renato, etica per Accatino dando vita tra il 1946
e il i primi anni ’50 a opere molto simili. Ma
nasce una stima che durerà per anni, sino a quando il rifiuto di Enrico di
schierarsi in maniera militante, e la sua conversione all’astrattismo, nel
1957 e il 1958, porterà alla definitiva rottura tra i due.
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Enrico Accatino
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Renato Guttuso |
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Enrico Accatino, 1948 . contandini
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Renato Guttuso, 1951, contandini |
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Fichi d'India, Renato Guttuso
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Fichi d'India, Enrico Accatino
Oggetto
della lettera, il realismo (contro il neo-realismo modaiolo subito imperante).
Tema che Guttuso affronta in vari articoli su "Vie Nuove", "L'Unità"
e "Rinascita", che
presuppone una pittura popolare e accessibile alle masse. “Pur non potendo
negare le affinità con il realismo socialista sovietico, Guttuso sostiene che
la propria ideologia artistica scaturisce da convinzioni profondamente sentite
e non imposta da alcun sistema politico.“
Qualche volta, bisognerebbe risalire alle fonti.
10 ANNI DOPO - E' IL 1960
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ENRICO ACCATINO, COMPOSIZIONE, 1959 |
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GUTTUSO, RITRATTO DI DONNA, 1960 |
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