Claudio Medaglia ha attraversato il ‘900 con il sorriso sulle labbra grazie a un mestiere difficile e non sempre riconosciuto, che l’ha reso uno dei vignettisti italiani più visti e apprezzati, senza che il successo nel settore dell’arte “seria” l’abbia mai realmente appagato. Nonostante le mostre e le sue continue sperimentazioni. Ed è in questo contesto che nascono i “ricciarelli” (sua anche la denominazione), complessissime e quasi ipnotiche composizioni a china. Labirinti virtuosistici di cui Medaglia fu inventore e assertore, come ha scritto in un ironico autoritratto: per creare un genere essendo insofferente a seguirne altri. Dalla rotazione dalla china nascono così i chiaroscuri e da i chiaroscuri, ritratti e volti. Ma anche paesaggi misteriosi. Un piccolo tesoro riservato a pochi cultori, che ricorda la tecnica di un altro mago della biro come Mauro Gottardo. Un piccolo tesoro, che ci piaceva estrarre dalla memoria per poterlo mostrare al mondo.
Claudio Medaglia (Roma, 1919 – Roma, 1997), attivo sin dai primi anni ’30, fu collaboratore de “Il Travaso “e del “il Giornalino” lavorando per anni anche per “la Settimana Enigmistica”.
Dopo la guerra si getta nell’impegno politico collaborando con le testate del Pci e della FGCI (Pattuglia, Gioventù Comunista, l’Unità). Ma il suo estremismo e la sua fede politica, ancora una volta, finirà per danneggiarlo. Morirà solo e dimenticato dalla critica ufficiale a Roma, la città nella quale aveva lavorato, lottato, sognato.
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