L’espressionismo è ancora vivo, dipinge ancora, si burla del mondo e ha 90 anni.
Si chiama Silvio Loffredo classe 1920, nato a Parigi Montaparnasse da una famiglia italiana di origine napoletana e si esprime con uno stile immediatamente riconoscibile, figurativo ma di chiara evoluzione post-espressionista nel quale troviamo a roteare nel cielo gatti e altri animali, battisteri, città, ritratti caratterizzati e un mondo ricco di humor e colore come difficile trovare nella pittura italiana.
A volte compaiono anche parole, poesiE, commenti, completando una carriera unica nel suo genere, che lo ha visto disegnare, scrivere, provocare, sempre con il sorriso sulle labbra.
Suo padre Michele Loffredo è un pittore realista
emigrato nella capitale francese per seguire la propria arte e sarà proprio lui a insegnare al figlio i primi passi del difficile mestiere di pittore. Nasce così un artista anomalo, interessante, caotico, capace di dipingere su qualsiasi superficie (Montanelli lo chiamerà L’uomo Pennello) tra i primi grandi maestri della mail art (incredibili e ricercatissime le sue cartoline disegnate) ma anche regista di avanguardia negli anni ’50 e ’60, e oggi consacrato
Suo padre Michele Loffredo è un pittore realista
emigrato
nella capitale francese per seguire la propria arte e sarà proprio lui a
insegnare al figlio i primi passi del difficile mestiere di
pittore. Nasce così un artista anomalo, i
come il maggior artista vivente di una città morente (Firenze).
Città che raggiunge dopo aver frequentato i corsi di nudo a la Grand Chaumière, e dopo essere venuto in Italia nell’immediato dopoguerra per studiare prima all’Istituto d’Arte di Siena e quindi all’Accademia di Belle Arti di Roma (allievo di Amerigo Bartoli) e di Firenze dove incontra Ottone Rosai e studia con Primo Conti, Ugo Capocchini e, soprattutto, Celestino Celestini. E proprio a Firenze che nel 1949 si ferma creando un ponte ideale tra Francia e Italia. Sperimentatore per scelta con il fratello Victor realizza strani film di ricerca, come Le Court-boullon, film collage, presentato alla mostra del Cinema di Venezia
Negli anni Sessanta frequenta Salisburgo e la Svizzera divenendo insieme a Sassone gli unici studenti italiani del grande maestro Oskar Kokoschka del quale diviene un erede naturale.
Ha partecipato con un’esposizione personale alla Biennale di Venezia del 1964 e a 3 edizioni della Quadriennale di Roma ed ha vinto il Premio Marzotto, il più importante riconoscimento per il mondo dell’arte di quegli anni. E’ stato inoltre titolare dal 1973 al 1990 della Cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Sue opere sono conservate presso la GNAM di Roma, Palazzo Pitti a Firenze, Galleria D’Arte Moderna di Firenze, il Centro Pompidou a Parigi.
Nel '56 ha ottenuto il primo premio internazionale del Museo di Philadelhia. Ha eseguito murali e gruppi di dipinti nella chiesa di St.Jeanne aux Charmilles, in Forster St. a Boston, al Museo di Storia della Scienza a Firenze. Nel 2001 il Museo ItaloAmericano di San Francisco ha inaugurato la mostra “il Maestro e gli studenti”, opere di Oskar Kokoschka, Silvio Loffredo, Marco Sassone. Nel 2003 la medaglia d’onore alla carriera dedicata all’arte.
Enrico Accatino e Silvio Loffredo (destra) a Parigi nel 1947. |
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