UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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martedì 7 dicembre 2010

CAGNACCIO DI SAN PIETRO, PER NOI UNO DEI 100 GRANDI DEL '900.

Primo denaro - Il quadro ritrovato, rimasto anonimo in Argentina

È il 1928. Il dipinto Dopo l'Orgia viene rifiutato dalla commissione della Biennale per soggetto, titolo e dettagli che rivelano, con sfrontata chiarezza (a terra anche i polsini con il fascio littorio), la corruzione del fascismo. Espressione quasi fotografica delle contraddizioni di un potere e di una borghesia che voleva comunicare, sempre e comunque, perbenismo, fede in Dio e nel Duce.
Cagnaccio di San Pietro, di professione pittore, anarchico inconsapevole, morto prematuramente a 49 anni nel 1946, è di fatto un cane sciolto nella pittura italiana degli anni ’30.
Un illuso che crede nell'impegno morale, per questo eccentrico rispetto all'ambiente artistico del tempo, anche se la sua opera è formalmente vicina alle ricerche stilistiche della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit).
Cagnaccio spinge però il realismo verso una dimensione metafisica, che si avvale di tagli, rese cromatiche e punti di vista propri del cinema e della fotografia.

Dopo l’Orgia” è parte di una trilogia pesante come un cazzotto di Carnera, andata poi dispersa. Nel tempo, il destino e internet hanno saputo ridarci una pietra miliare della pittura italiana come “Primo Denaro”, tornato alla luce quando i proprietari della tela, emigrati in Venezuela, hanno contattato via mail la gallerista Claudia Gian Ferrari, che è poi riuscita ad acquisire l’opera e a presentarla al pubblico nel 2009. Nulla si sa invece di Zoologia”, forse conservata, anonima, in Germania. Uno dei tanti capolavori che, speriamo, un giorno, riusciremo a recuperare. 


Mi sembra un buon inizio per riavvicinarsi a un grande e non sempre ricordato maestro del Novecento: Cagnaccio di San Pietro, alias Natale Bentivoglio Scarpa (Desenzano sul Garda 1897 - Venezia 1946).
Autore poco esplorato, che quando si scopre, non si dimentica. Un segno deciso come un colpo di bisturi e una composizione che si appropria dello spazio in maniera diversa da qualsiasi altro. Colori freddi e intensi. Un'aria rarefatta, tersa e gelida. E sa dipingere, con un colore steso senza indecisioni. Cagnaccio è un grande pittore, ma non si limita a rappresentare un mondo, lo ricostruisce.

Strano destino per chi, come lui, era nato in una minuscola isola nella laguna veneta, manifestando fin dall'infanzia una spiccata attitudine per il disegno.
A Venezia segue i corsi di Ettore Tito all'Accademia di Belle Arti ed entra nella sfera del futurismo. Suggestione che finirà per abbandonare dopo la guerra, volgendo la sua attenzione al reale, iniziando a firmare i suoi lavori con il nome di Cagnaccio con cui era conosciuto nell’isola di San Pietro, ricordo simbolico di un cane randagio e mordace che aggirava intorno alla sua casa di bambino.
 
imoli. La vicenda drammatica della guerra segna una profonda linea di demarcazione tra un prima e un poi modificando definitivamente la sua visione del mondo, un'esperienza estrema che investe tutto l'ambiente artistico di quel periodo. Nel 1919 partecipa insieme a Gino Rossi, Casorati, Garbari, Semeghini alla mostra di Cà Pesaro a Venezia, esponendo Cromografia musicale e Velocità di linee-forza di un paesaggio, due opere di impronta futurista. Intorno al 1920 comincia a firmare i suoi lavori con il nome di Cagnaccio con cui era conosciuto nella piccola isola di San Pietro. E del 1920 La tempesta, tema che verrà ripreso e variato nel suo ultimo dipinto, La furia, del 1945.L'opera segna un momento importante nel percorso artistico di Cagnaccio che proprio in questi anni inizia a gettare le basi della propria originalità e impronta stilistica. La tempesta è il punto di partenza per l'evoluzione della sua ricerca che, ormai affrancatasi dall'esperienza futurista, si rivolge alla tradizione formale del Quattrocento, unendo all'attenzione per la realtà la forza trasfigurante dell'emozione. Nel 1922 espone alla Biennale di Venezia La tempesta, le sue opere, che vengono inoltre esposte alle mostre di Cà Pesaro di quegli anni, saranno presenti nelle successive edizioni della Biennale fino al 1944 e oltre.


Il quadro "Dopo l'orgia" rifiutato da fascismo alla Biennale di Venezia
Nel 1922 espone alla Biennale di Venezia “La tempesta”, opera che lo fa conoscere e apprezzare. E le sue opere continueranno a essere esposte - con alterna fortuna - alle mostre di Cà Pesaro e nelle successive edizioni della Biennale sino al 1944.
Solo la malattia riuscirà a fermarlo. Solo la sua pittura, oggi, rimane a ricordarlo.

 

5 commenti:

  1. Un tratto lucido e freddo, che chiude figure e spazi in una dinamica realtà cristallizzata. Pochi lo conoscono e molti di quelli che lo ignorano poi si mettono in fila davanti alle opere, grandissime, del realismo socialista o discutono di Hopper e di Vattriano.

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  2. Bellissimo articolo. Incisivo, tagliente, straniante ma lucidamente esaustivo come la pittura del Cagnaccio!
    Rinnovo i complimenti per i contenuti e la scelta degli artisti che trattate in questo splendido "Museo Immaginario (ma non troppo)".

    P.S.: Nel commento precedente v'è un refuso, forse intendeva il mediocre pittore scozzese (di chiara origine italiana) Jack Vettriano.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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