Primo denaro - Il quadro ritrovato, rimasto anonimo in Argentina |
È il 1928.
Il dipinto Dopo l'Orgia viene
rifiutato dalla commissione della Biennale
per soggetto, titolo e dettagli che rivelano, con sfrontata chiarezza (a
terra anche i polsini con il fascio littorio), la corruzione del fascismo.
Espressione quasi fotografica delle contraddizioni di un potere e di una
borghesia che voleva comunicare, sempre e comunque, perbenismo, fede in Dio e
nel Duce.
Cagnaccio
di San Pietro, di professione pittore, anarchico inconsapevole, morto
prematuramente a 49 anni nel 1946, è di fatto un cane sciolto nella pittura
italiana degli anni ’30.
Un illuso
che crede nell'impegno morale, per questo eccentrico rispetto all'ambiente artistico
del tempo, anche se la sua opera è formalmente vicina alle ricerche stilistiche
della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit).
Cagnaccio spinge
però il realismo verso una dimensione metafisica, che si avvale di tagli, rese
cromatiche e punti di vista propri del cinema e della fotografia.
“Dopo l’Orgia” è parte di una trilogia
pesante come un cazzotto di Carnera, andata poi dispersa. Nel tempo, il destino e internet hanno saputo ridarci una pietra miliare
della pittura italiana come “Primo Denaro”,
tornato alla luce quando i proprietari della tela, emigrati in Venezuela, hanno
contattato via mail la gallerista Claudia Gian Ferrari, che è poi riuscita ad
acquisire l’opera e a presentarla al pubblico nel 2009. Nulla si
sa invece di “Zoologia”, forse conservata, anonima, in Germania. Uno dei tanti
capolavori che, speriamo, un giorno, riusciremo a recuperare.
Mi sembra
un buon inizio per riavvicinarsi a un grande e non sempre ricordato maestro del
Novecento: Cagnaccio di San Pietro, alias
Natale Bentivoglio Scarpa (Desenzano sul Garda 1897 - Venezia 1946).
Autore poco esplorato, che quando si scopre, non si dimentica. Un segno deciso come un colpo di bisturi e una composizione che si appropria dello spazio in maniera diversa da qualsiasi altro. Colori freddi e intensi. Un'aria rarefatta, tersa e gelida. E sa dipingere, con un colore steso senza indecisioni. Cagnaccio è un grande pittore, ma non si limita a rappresentare un mondo, lo ricostruisce.
Autore poco esplorato, che quando si scopre, non si dimentica. Un segno deciso come un colpo di bisturi e una composizione che si appropria dello spazio in maniera diversa da qualsiasi altro. Colori freddi e intensi. Un'aria rarefatta, tersa e gelida. E sa dipingere, con un colore steso senza indecisioni. Cagnaccio è un grande pittore, ma non si limita a rappresentare un mondo, lo ricostruisce.
Strano
destino per chi, come lui, era nato in una minuscola isola nella laguna veneta,
manifestando fin dall'infanzia una spiccata attitudine per il disegno.
A Venezia segue i corsi di Ettore Tito all'Accademia di Belle Arti ed entra nella sfera del futurismo. Suggestione che finirà per abbandonare dopo la guerra, volgendo la sua attenzione al reale, iniziando a firmare i suoi lavori con il nome di Cagnaccio con cui era conosciuto nell’isola di San Pietro, ricordo simbolico di un cane randagio e mordace che aggirava intorno alla sua casa di bambino.
A Venezia segue i corsi di Ettore Tito all'Accademia di Belle Arti ed entra nella sfera del futurismo. Suggestione che finirà per abbandonare dopo la guerra, volgendo la sua attenzione al reale, iniziando a firmare i suoi lavori con il nome di Cagnaccio con cui era conosciuto nell’isola di San Pietro, ricordo simbolico di un cane randagio e mordace che aggirava intorno alla sua casa di bambino.
imoli. La vicenda drammatica della guerra segna una profonda linea di demarcazione tra un prima e un poi modificando definitivamente la sua visione del mondo, un'esperienza estrema che investe tutto l'ambiente artistico di quel periodo. Nel 1919 partecipa insieme a Gino Rossi, Casorati, Garbari, Semeghini alla mostra di Cà Pesaro a Venezia, esponendo Cromografia musicale e Velocità di linee-forza di un paesaggio, due opere di impronta futurista. Intorno al 1920 comincia a firmare i suoi lavori con il nome di Cagnaccio con cui era conosciuto nella piccola isola di San Pietro. E del 1920 La tempesta, tema che verrà ripreso e variato nel suo ultimo dipinto, La furia, del 1945.L'opera segna un momento importante nel percorso artistico di Cagnaccio che proprio in questi anni inizia a gettare le basi della propria originalità e impronta stilistica. La tempesta è il punto di partenza per l'evoluzione della sua ricerca che, ormai affrancatasi dall'esperienza futurista, si rivolge alla tradizione formale del Quattrocento, unendo all'attenzione per la realtà la forza trasfigurante dell'emozione. Nel 1922 espone alla Biennale di Venezia La tempesta, le sue opere, che vengono inoltre esposte alle mostre di Cà Pesaro di quegli anni, saranno presenti nelle successive edizioni della Biennale fino al 1944 e oltre.
Il quadro "Dopo l'orgia" rifiutato da fascismo alla Biennale di Venezia |
Solo la malattia riuscirà a fermarlo. Solo la sua pittura, oggi, rimane a ricordarlo.
Un tratto lucido e freddo, che chiude figure e spazi in una dinamica realtà cristallizzata. Pochi lo conoscono e molti di quelli che lo ignorano poi si mettono in fila davanti alle opere, grandissime, del realismo socialista o discutono di Hopper e di Vattriano.
RispondiEliminaBellissimo articolo. Incisivo, tagliente, straniante ma lucidamente esaustivo come la pittura del Cagnaccio!
RispondiEliminaRinnovo i complimenti per i contenuti e la scelta degli artisti che trattate in questo splendido "Museo Immaginario (ma non troppo)".
P.S.: Nel commento precedente v'è un refuso, forse intendeva il mediocre pittore scozzese (di chiara origine italiana) Jack Vettriano.
stimatissimo da giovanni faccenda
RispondiEliminastimatissimo da Giovanni Faccenda
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