UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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sabato 23 novembre 2024

LA CARNE NON E' DEBOLE Zinaida Evgen’evna Serebrjakova


Non sono corpi né borghesi né nobili. Le modelle vennero scelte tra le ragazze del paese, o tra quelle che facevano le domestiche per le famiglie vicine. Vasilisa Nikitična Dudčenko, contadina del villaggio di Neskučne, che lavorava come cuoca, disse: "Ho posato per Zinaida. Sono in piedi al centro, piegata in avanti, ma il mio volto è nascosto dalla donna che tiene il secchio in primo piano." Accesi dal riflesso delle fiamme, undici corpi si fondono, ognuno con una propria identità, e a differenza de Il bagno turco di Ingres (1863), nel quale la carne veniva «esposta secondo un gusto maschile», le donne appaiono sensuali, ma non sessualizzate, carnali, ma non compiacenti. La fisicità esprime soprattutto una bellezza interiore, fattore che ritorna nei nudi e nei celebri autoritratti della pittrice ucraina.

I corpi, svelati dal riflesso delle fiamme, sembrano irradiare luce, hanno pose naturali, sono donne normali e allo stesso tempo antiche dee. Emerge un chiaro riferimento al neoclassicismo, ma più che a Francia e Italia, dove era andata a studiare, Zinaida guarda alla sua terra e alla sua gente, tanto che la donna in primo piano cita una famosa scultura di Feodosius Schedrin. 


Questa tela nasce dopo decine di studi preparatori, per cui lei stessa fece da modella. Al tempo aveva ventinove anni, era al massimo dell’esplosione creativa ed era il suo primo quadro di grande formato.

Nata nell’allora Impero russo, vicino a Charkiv, città recentemente devastata dall’invasione russa in Ucraina, è stata la maggiore pittrice figurativa del suo paese e una delle sette donne più importanti dell’arte del Novecento. Apparteneva alla famiglia artistica Benois. Suo nonno, Nicholas, era un celebre architetto, suo zio Alexandre un famoso pittore, fondatore del gruppo artistico Mir iskusstva (Mondo dell’arte), suo padre un noto scultore, e così via. Per nulla scontato, quindi, che una ragazza potesse superare i maschi di casa, con uno stile assolutamente riconoscibile, con quella che definirei «una pittura intelligente». In quegli anni, stanchi della rigidità imposta dal classicismo dell’Accademia di San Pietroburgo (eroi e miti greci), i russi ricercavano una nuova forma d’arte nazionale, pensata per la gente.

Nacquero così le avanguardie, poi concretizzatesi nel suprematismo. Altri operarono invece nel figurativo, vicini alle tematiche proposte dalla rivista “Mir Iskusstva”.  

Nel 1905 Zinaida Lanceray sposa suo cugino Boris Serebrjakov, figlio della sorella del padre, che conosceva da sempre, e si reca con lui a Parigi, dove frequenta l'Accademia de la Grande Chaumière, completando un ciclo di studi iniziato in Russia sotto il celebre Il'ja Efimovič Repin e nel corso di viaggi in Italia. L’opera “autoritratto al tavolo da toletta” del 1909 segna l'inizio dell'affermazione artistica della pittrice. Zinaida si spazzola i suoi lunghi capelli. E il suo sguardo, la posa, la torsione del busto e delle braccia, donano movimento alla scena ma soprattutto la fanno avanzare di molti anni rispetto alla pittura del proprio tempo. Non vorrei sembrare impudente, ma sembra una eroina di Crepax pronta a conquistare il mondo.

La Rivoluzione d’ottobre finisce, però, per travolgere ogni cosa. Nel 1919 il marito Boris muore per il tifo contratto nelle carceri bolsceviche. La tenuta di famiglia viene saccheggiata e la casa incendiata da una banda di anarchici. La pittrice resta senza entrate, con quattro figli piccoli e la madre malata va a vivere in un’abitazione condivisa.  

Esemplare della difficoltà del momento la tela “Castello di carte” (1919) che ritrae i quattro figli concentrati nel gioco attorno al tavolo.  Non vi inganni il titolo, ciò che traspare è solo  la tristezza che vivono i bambini, costruendo una torre destinata certamente a cadere. Quando non potrà più permettersi neanche tela e pennelli, utilizzerà materiali poveri come gessetti e carboncino.  

Nel 1924 Zinaida viene invitata a Parigi per realizzare un grande murale, incarico che potrebbe permettere alla famiglia di uscire dalla miseria. È indecisa, ha paura, ma pensa che l’incarico possa portare sollievo economico alla sua famiglia.  Raggiunge quindi la Francia convinta che il distacco sarebbe durato solo pochi mesi. Le verrà tuttavia vietato di tornare e ci vorranno addirittura trentasei anni per rivedere la figlia maggiore, vivendo all’inizio in grandi ristrettezze: «Nessuno capisce che iniziare senza un soldo è follemente difficile Il tempo passa e io combatto» scrive disperata a sua madre a cui ha lasciato i figli.

Solo nel 1966 il suo lavoro verrà riconosciuto in Russia, dando vita a una grande retrospettiva a Mosca e con francobolli celebrativi dedicati al suo autoritratto alla toletta. Zinaida muore a Parigi l’anno dopo per emorragia cerebrale. È sepolta a Parigi, nel cimitero russo di Sainte Geneviève des Bois.




 

 

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