“La pittura è una preghiera laica
è una immersone nel colore e nella materia!”
Achille Sdruscia
Se amate i rossi gridati e pastosi di Gino Bonichi, in arte Scipione, o quelle atmosfere post-atomiche create ben prima dell’atomica, se vi affascinano le contorsioni dei corpi di Mafai, troverete anche voi, come me, una connessione diretta e forte con Achille Sdruscia (1910-1994), uno dei più dimenticati e sottovalutati pittori della Scuola Romana.
Proprio da Gino & Mario, di sei anni più anziani di lui, riceve i primi incoraggiamenti, e l’invito a frequentare i corsi della scuola libera del nudo dell'Accademia di Belle Arti e poi a frequentare la Biblioteca di Storia dell'Arte di Palazzo Venezia dove, entrambi, avevano potuto formare la propria conoscenza sulle nuove tendenze dell’arte.
Achille Sdruscia per gli amici “Achilletto”, nasce a Roma nel 1910 e dal padre Amedeo maestro stuccatore, storico collaboratore dello studio “Brini e Meschini” impara i rudimenti del mestiere, che poi riverserà nella pittura. Di giorno lavora con il padre e, quando può, frequenta i corsi di disegno anche presso l’Accademia di San Luca. E il disegno, non a caso, diventerà una sua area di eccellenza, pur se pochi sono ancora i suoi lavori conosciuti.
Una capacità segnica che va di pari passo con quella dei grandi pittori del tempo.
È durante la guerra che comprende la sua vocazione, entra di fatto nella Scuola Romana che si dirama in mille sfaccettature. Frequenta Piazza del Popolo e via Margutta, dove abiterà brevemente, e nel 1943 Sdruscia è presente alla IV edizione della Quadriennale di Roma. Frequenta i più grandi maestri di quel periodo, da Virgilio Guidi a De Pisis, da Ziveri (con cui spesso dipinge en plein air) a Vedova.
Negli anni cinquanta la sua pittura tonale, incontra un discreto successo di pubblico e di vendite, espone nella celebre rassegna romana voluta dalle Sorelle Fontana, e riceve una menzione speciale al Premio Marzotto. Achille Sdruscia racconta Roma in tutti i suoi angoli segreti, con uno stile che appare immediatamente riconoscibile, dove il nero agisce come contorno e alternanza, in contrapposizioni a rossi e ocra. Roma in quegli anni è un grande paese dove nel centro storico vivono ancora artigiani e povera gente, ed è quello il mondo che vuole raccontare.
Inizia tuttavia a rinchiudersi in sé stesso, e soprattutto, esce dal giro dei galleristi. Questo lo porterà a essere via via dimenticato, mentre il valore delle sue opere scende di quotazione. Negli anni settanta la sua arte appare antica, superata. Non sperimenterà mai la pittura astratta e finisce per essere dimenticato. Muore a Roma nel 1994.
L'artista è presente anche nella Galleria Nazionale d d'Arte Moderna di Roma ed inserito nel catalogo della "Raccolta 8 x10 di Cesare Zavattini".
« L'arte è il conforto dello spirito
e in essa esiste la civiltà del tempo »
Premio Marzotto 1951 foto ufficiale con Enrico Accatino, Carlo Levi, Felice Mariani, Ornella Angeloni, Achille Sdruscia (con i baffi)
Scuola romana, Achille Sdruscia,