UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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mercoledì 13 novembre 2013

LOUIS WAIN IL PITTORE PAZZO. PER I GATTI.



Avevo un gatto che ero un pezzo di merda. Pace all’anima sua. Ma neanche tanto…. Eppure, per quanto fosse stronzo e vendicativo, con attacchi improvvisi e immotivati nel buio del corridoio, non posso negare che fosse un oggetto biologico affascinante, in continua e costante trasformazione. Con una personalità magnetica così forte da farmi capire perché gli egizi avessero eletto i gatti a divinità. C’è infatti più magia in un gatto che in molte deità ufficiali. Anche se quel gatto è un pezzo di merda.

Forse è questo che deve aver colpito la psiche già disturbata di Louis Wain, un artista paradossalmente conosciuto più in ambito psichiatrico che artistico. Pendolo perennemente oscillante tra curiosità scientifica, qualità artistica anticipatrice, kitsch.
 
 

Nato il nel 1860, morto nel 1939, Louis fu all’inizio, semplicemente, un normalissimo, onesto, bravo illustratore professionista per molti giornali inglesi, ma anche paesaggista e vignettista (grazie agli insegnamenti della madre) con un gusto quasi esagerato per i dettagli, probabilmente sintomo precoce della sua incombente malattia e della sua crescente monomania: i gatti.

Wain raccontava che la sua passione per gli animali fosse nata grazie al suo gatto bianco e nero Pete, che faceva compagnia a lui e sua moglie, malata di cancro, quando questa ancora era in vita. Wain ritraeva Peter in pose buffe antropomorfe, con occhiali e cappellini, per divertire la donna. Quando questa morì, forse per sfuggire al dolore di quella mancanza, continuò a ritrarre gli umani in veste di felini e viceversa.





Wain era sempre stato considerato un soggetto affascinante, ma allo stesso tempo strano e bizzarro (avendo un labbro leporino la madre non aveva voluto mandarlo a scuola e lui aveva adottato modalità particolare di relazione con gli altri). Con il passare del tempo, tuttavia, divenne sempre più eccentrico fino alla comparsa, nel 1917, quando aveva 57 anni, di un quadro psicotico caratterizzato, tra l'altro, dalla presenza di tematiche paranoidee, dalla convinzione che la luce “tremolante“ dello schermo del cinematografo “rubasse” energia al suo cervello. Iniziò, inoltre, a limitare le relazioni interpersonali e a trascorrere buona parte della giornata rinchiuso nella sua stanza. Il verificarsi di comportamenti  aggressivi e violenti motivò nel 1924 il suo ricovero in un ospedale per indigenti, lo Springfield Mental Hospital.

La sua famiglia, composta da cinque sorelle anch'esse 'marcate' dalla malattia mentale, non era infatti più in grado di badare a lui. Paradossalmente, questa fu una fortuna, perché Wain, che continuò a disegnare i suoi gatti sempre più colorati e psichedelici, venne notato dallo scrittore H.G.Wells (autore de La Guerra dei Mondi) e tramite la sua influenza fu trasferito in un ospedale migliore, dove potè passare il resto dei suoi anni disegnando, in un giardino, circondato da piante e dai suoi amati felini. Oltre a Peter, che fu sempre il suo modello preferito, vissero con lui, per molti anni, la soriana Minna, il siamese Bigit e, ultimo, Leo, il persiano rosso tabby.




Nei suoi dipinti i gatti subirono una decisa trasformazione nel corso degli anni, trasformazione che sembra essersi sviluppata col procedere della malattia: dai dipinti più raffinati raffiguranti gatti nobili passò a dipinti dall'aspetto psichedelico, dove gli occhi dei gatti diventavano enormi e le figure quasi esplose in figure geometriche coloratissime, un tratto considerato indicativo della sua psicosi. Con un segno che sembra presagire la pop art ma anche la street art. Con i fogli riempiti sino all’inverosimile, con un stile che ricorda un po’ le composizione di un altro grande artista alienato con Adolf Wolfli.  
Dopo aver ritratto soriani e cappuccini, siamesi e gatti randagi  negli atteggiamenti più svariati e con stili diversi, chiuse il conto con la  sua lunga e tormentata vita nella notte del 4 luglio 1939, a Napsbury, nello Hertfordshire, a 79 anni. Che il Dio dei Gatti lo abbia in gloria.




P.S. divertente il fatto che sia diventato anche una icona del mondo dei tatuaggi, con la sue creazioni create e replicate sia a colori che in monocromia.









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