Henry Patrick Raleigh (1880-1944), rich man, poor man. Una storia che
sembra già un serial. Diciamo interpretato da un Di Caprio di 10 anni fa.
Emigrato irlandese, nato a Portland, lavora sin dall’età
di nove anni, per aiutare la madre e il resto della famiglia. A 12 anni lascia casa, fa il classico fagotto e inizia
a lavorare ai Docks del porto di San Francisco, dove arrivano i sacchi di caffè. Dove, inizia, da autodidatta, a
disegnare. Viene notato da un uomo
d’affari, il Colonello Clarence Bickford, che si offre di pagargli gli
studi alla San Francisco art school, the
Hopkins Academy, dove si diploma tre anni dopo. A 17
anni ottiene l’incarico dal giornale locale di realizzare disegni negli obitori
e per omicidi, cosa che però gli permette di imparare l’anatomia umana. Pensa quindi
che sia giunto il momento di fare il grande salto. Si trasferisce quindi a New York dove
inizia a collaborare con giornali e riviste, raggiungendo in pochi anni le
pagine di Vanity Fair, Harper Bazaar,
Colliers e Sunday Evening Post.
Sorprendentemente, il suo marchio di fabbrica è la capacità di raccontare la
high society e gli eventi alla moda, divenendo l’illustratore della golden age.
Ricercato da alcuni dei più grandi scrittori del suo tempo,
per i quali crea copertine e illustrazioni, ricevette da F.Scott Fitzgerald
una lettera di ammirazione: "Honestly,
I think they're the best illustrations I've ever seen!"
|
Center of Attention, 1929 |
Nei suoi anni migliori guadagna anche $100.000, una cifra
impressionante per il tempo, considerando il valore del dollaro e l'imposta sul
reddito relativamente insignificante, tanto da essere stato per alcuni di anni
l’illustratore più pagato di sempre. Ma Raleigh spende praticamente tutto ciò
che guadagna, in yacht, case, lussi, viaggi in Europa e in mete esotiche. Ma anche per mantenere 3 famiglie, e anche
amici molto meno fortunati.
Negli anni '40, le variazioni del
costume, rendono però il suo stile superato. Già da alcuni anni la fotografia
ha soppiantato le illustrazioni di copertina, e l’unico che riesce a
confermarsi è Normal Rockwell, che usa proprio la fotografia come base per le
sue illustrazioni.
Calano le commesse, sino a
sparire. Nel giro di pochi anni è costretto a vendersi quasi tutto. Si sparerà
un colpo di fucile in bocca nel 1944 (secondo altre biografie, si lancia da uno
squallido hotel di Time Square, ma mi pare poco in linea con il personaggio). Ma si sa, c’è sempre un velo di
pruderie nel non voler raccontare la verità sulla fine delle persone.
Nel 1988 è entrato nella Hall of
Fame degli illustratori americani.
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