C'è il momento in cui ogni scelta
diventa irreversibile.
Marguerite Yourcenar
Io stessa non sono mai stata in grado di
scoprire cosa è esattamente il femminismo; so solo che la gente mi chiama
femminista ogni volta che esprimo sentimenti che mi differenziano da uno
zerbino.
Rebecca West
Nel 1997 Vittorio
Mosca, imprenditore di successo dell’industria tessile (conoscete il marchio Frette), mentre sta sistemando
la grande casa di famiglia a Cuvio sul Lago Maggiore ritrova in soffitta
colori, pennelli, telai e un nucleo importante di tele degli anni ’30 di cui
non sapeva nulla.
Scopre così la storia,
il talento, e il passato rimosso di sua madre, Carla Maria Maggi.
Un passato
che lui stesso non conosceva se non per un paio di quadri che giravano per
casa, ai quali non aveva mai dato importanza.
Un segreto di famiglia
ben conservato, e che la donna, che ha ormai 84 anni un po’ sminuisce: “Sì,
è vero dipingevo un po’… amavo l’arte, ma è passato così tanto tempo…”.
Non so perché, ma
questo passaggio mi ha ricordato una citazione di Oscar Wilde: “I figli
all’inizio amano i genitori, ma poi li giudicano. Raramente, forse mai, li
perdonano.”
Inizia quindi per lui
la rivalutazione della figura materna, all’interno della sfera privata, che
diventa poi quasi una missione e che nel tempo coinvolgerà altre donne artista
dimenticate. Ritorna così alla luce una bellissima presenza all’interno della
scuola milanese del movimento dei chiaristi, termine coniato per la
prima volta dal critico Leonardo Borgese nel 1935, riferendosi ad alcuni
giovani pittori lombardi che, a contatto con il critico Edoardo Persico,
lavoravano a una pittura dai colori chiari e dal segno leggero e intriso di
luce.
Questa è quindi la
storia di una perdente per convenzione sociale che ha compiuto una scelta
irreversibile, rinunciando a lottare.
Una giovane e
talentuosa pittrice che invece da ragazza aveva compiuta un preciso percorso
artistico, scegliendo il nudo e una certa trasgressione formale.
Forse è proprio quella
che la famiglia, o il marito, l’industriale milanese Franco Mosca vorrebbero
soffocare, perché mal si concilia il ruolo di pittrice professionista con
quella di una signora della buona, ottima società. O forse lei stessa, che
presa dal ruolo di madre e moglie, rimuove di colpo la propria interiorità.
Come tante, troppe, donne.
Per capire meglio il
contesto può essere interessante uno scambio di lettere del 1800. Quello del
pittore Joseph-Benoit Guichard che scrive alla madre delle sue allieve Berthe
e Edna Morisot per dirle, con timore, che “…le due ragazze stanno per
diventare delle vere pittrici…» destino che provocherà, secondo lui “..una
rivoluzione, se non una vera catastrofe” nell’ambiente alto-borghese dal
quale provengono. “È quindi sicura Signora di non arrivare un giorno a
maledire quell’arte che diventerà la sola padrona del destino delle sue
figlie?”
Così anche quando
muore il marito, Carla Maria non ostenta, si cela, e solo dopo la sua morte
saranno ritrovati alcuni blocchi da disegno, sui quali lei annotava, sino agli
anni ’70, di nascosto, incontri e luoghi.
Al momento
dell’abbandono, i suoi stessi colleghi artisti avevano il suo gesto come una
scelta snob. La scelta di una ricca ragazza che dopo aver fatto la pazzerella
che è tornata a fare la ricca signora. E’ difficile pensare, a volte, che i
ricchi abbiano pulsioni più complesse.
Nel 2005, un anno dopo
la sua morte (Milano 2004) il National Museum of Women in the Arts di
Washington su iniziativa del figlio, le dedica una retrospettiva, e nel 2010 le
sue opere sono esposte nella mostra “Carla Maria Maggi e il ritratto a
Milano negli Anni Trenta” al Palazzo Reale di Milano.
Nata nel 1913 in una
famiglia di facoltosi industriali (la famiglia ha fondato il marchio Frette)
è imparentata con l’architetto Giuseppe Piermarini, e vanta tra gli antenati
Carlo Maria Maggi, scrittore e commediografo italiano, considerato il padre
della letteratura milanese moderna, inventore della maschera milanese di Meneghin.
Fin da bambina si
avvicina al disegno, e adolescente frequenta lo studio di un modesto pittore,
Giuseppe Pananti, e poi l’Accademia di Brera, dove compie il cambio di marcia.
Lei è tenace, convinta
di voler imparare il mestiere, ma ben presto si stufa di nature morte e scene
di genere. Forse vede le illustrazioni che il maestro produce come
cartellonista, fatto sta che inizia a produrre ritratti di nudo. Uno studio e
un soggetto che in effetti, poco si addice all’età e alla sua condizione.
Nel 1934 il suo quadro
”La sigaretta”, presentato alla Permanente di Milano, è accolto con
entusiasmo per la capacità di sintesi e per il soggetto, anomalo e decisamente
moderno per il tempo: una ragazza giovane e assorta con in mano la sigaretta
fumante. Come anomalo è il contesto de “La prova” del 1936, quello che
mi sembra il più riuscito e personale dei suoi lavori. Una ballerina, colta
nell’atto di drappeggiare un abito sul corpo nella penombra di una stanza un
po’ disordinata, dove forse si è svolto da poco un incontro d’amore. Il suo
gesto è quello del torero, che sfida a mostrare e a celare il corpo (il toro).
Fa pensare a certe opere francesi che spesso esplorano le atmosfere de i boudoir
post-coitum o ai dipinti pastosi dello spagnolo Joaquín Sorolla.
Carla Maria si
fidanza, si sposa, aspetta il primogenito, e interrompe la promettente
carriera. La sua ultima datazione delle sue tele risale al 1940.
Va a vivere a Cuvio,
in provincia di Varese, un paesino tra le montagne e il lago Maggiore, di 1600
abitanti, ben raccontato dai racconti di Piero Chiara.
E la sua storia
svanisce come il colore di un pennello lasciato nel lavandino sotto un filo
d’acqua corrente.
interessante grazie. La prima opera però è di Tom Lowell. Buona continuazione
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