UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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martedì 11 aprile 2017

I GRAFFITI DI STEINBERG A MILANO E L’EPIDEMIA DI IMBECILLI


 

Dieci a uno che non lo sapete. Ma Saul Steinberg, quello della celebre copertina/icona di New York, era rumeno. E visse per sette anni in Italia. Prima che un imbecille introdusse le leggi razziali, e altri imbecilli, per ignoranza, decisero di cancellarlo. Ma andiamo per ordine.
 
Nel 1933 Saul partì infatti per Milano, dove si laureò al Politecnico in architettura, e dove abitò, pubblicando vignette umoristiche sulla rivista satirica Bertoldo. 
Il periodo italiano lasciò un segno importante nella vita di Steinberg, che per tutta la vita mantenne contatti con artisti e intellettuali italiani, come Aldo Buzzi, tornando più volte a lavorare in Italia. Nel 1940, a causa delle leggi razziali, fu costretto a partire per gli Stati Uniti, dove cominciò a lavorare per il New Yorker: un sodalizio fruttuoso (642 illustrazioni e 85 copertine), durato sessant’anni. 
Nel 1943, presa la cittadinanza americana, si arruolò in marina, e passò gli anni della guerra fra l’estremo oriente, l’Africa e l’Italia. Nei decenni successivi viaggiò molto in Africa, America ed Europa, e vivendo anche a Parigi, Hollywood, e in Italia, e consolidando la sua fama di disegnatore di vignette mute, leggero e profondissimo.

 


Quello che non sanno è che degli imbecilli, a causa di un intervento condominiale scellerato, hanno cancellato nel 1997 uno dei suoi lavori più inusuali e bizzarri, la sua decorazione (graffito nero su fondo bianco) di inizio anni ’60 nell’androne della Palazzina Meyer a Milano su progetto dello straordinario studio di architetti BBPR.
Un affresco, o meglio graffito, realizzato dall' artista nel '61, dopo mesi di lavoro, nell'ingresso dello storico palazzo di via Bigli 5, nel cuore nobile di Milano. Un intervento grande più di cento metri quadri, carico di immagini e di personaggi, che occupava tutti i lati dell'androne di casa. Su mura probabilmente distrutte per costruire una megabitazione di 1000 mq, senza che ci sia stata un intervento dei Beni Culturali, che non avevano notificato l’edificio. Senza sapere se l’opera in carico al direttore dei lavori l'ingegnere comasco Giacomo Mantegazza sia stata distrutta o coperta.
Un mondo di scribilli e forme perse per sempre, che possiamo rivedere solo nelle foto lasciate da Ugo Mulas.

Una signora che abitava nel palazzo, così raccontà a Repubblica: Anch' io mi chiedo che fine abbia fatto. Ma non lo so. Ricordo che fu mio padre a commissionare il graffito nel 61. Non posso dimenticare i mesi di lavoro di Steinberg, nell' ingresso di casa. Era un personaggio affascinante, molto originale, si intratteneva spesso a parlare con noi. Diceva che Don Chisciotte era un precursore della psicoanalisi, perché prendeva sul serio i mostri e li combatteva…”

  (…) Ho passato clandestinamente quasi un anno, dormendo un po' al Grillo un po' in uno studio di amici e riuscendo intanto a prendere i visti che mi occorrevano. L'unico che mi mancava era quello italiano, che non mi davano senza la mia presenza fisica, la prova di aver rispettato la legge.
Ho dovuto arrendermi. Con l'arresto il mio dossier era completato e concluso in modo legale. Correvo un rischio, ma era l'unica cosa da fare e l'ho fatta e è andata bene. Ho un po' di amnesia riguardo a quel tempo: vivevo in una specie di emozione che copriva occhi, orecchi, tutti i sensi con una specie di ovatta, per nascondere a me stesso la gravità della situazione. Mi sembrava di essere nel gioco di qualcun altro, di vedere me stesso come se fossi un altro, qualcosa di simile alla situazione dell'uomo che disegna un uomo: forse un sintomo di infanzia persistente, che non finisce, da cui non si guarisce.
Da: Saul Steinberg con Aldo Buzzi, Rifessi e ombre, (biblioteca Adelphi) pp. 27, 30





1 commento:

  1. se solo la mamma degli imbecilli non fosse sempre così predisposta alla procreazione... ma forse i tratti di una persona come Saul si noterebbe meno.

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