L’UOMO NON LO (S)PIEGHI. Anzi, lo
pieghi, ma quello rinasce, e tutto passa. Ogni politica, fede, impero, passa.
Ricordatevelo sempre.
Così, passerà anche la dittatura nordcoreana,
sperando che Trump non usi la Corea, unico stato nemico con un esercito regolare e una capitale da bombardare, per
migliorare il suo CV di eroe di cartapesta. E non occuparsi di altri problemi, in parte causati anche dalla politica disastrosa di mr. Bush. Ma questo è un altro discorso.
Ebbene, giù il cappello.
Yellow Kim Press, è una factory nordcoreana di fumetti che per
sessant’anni ha combattuto il regime clandestinamente, con le armi della satira
e dell’iconoclastia. Un’avventura pericolosa che ha un nome: Aju Meosjin, di cui non esistono
fotografie ufficiali.
Come ha raccontato bene Bizzarro Bazar, Aju nasce a Pyongyang nel 1946, e cresce fra stampe e litografie di suo padre, tipografo.
“Quando eredita la tipografia, alla morte del padre, Aju ha
soltanto undici anni ma evidentemente è cresciuto in fretta e ha le idee fin
troppo chiare. Comincia a rifiutarsi di produrre gruim-chaek, le stampe a disegni di propaganda governativa, e fonda
la casa editrice Yellow Kim, con cui sogna di dare voce al sottobosco di
artisti locali, spesso dissidenti.”
Quando il padre muore, rileva la tipografia, e inizia a
raccogliere i più scapestrati delle giovani matite. Dagli anni della beat
generation coinvolge sempre più talenti, stampando poi le fanzine nella Corea del Sud, e o di nascosto al Nord, ma viene perseguitato e la tipografia
chiusa.
Alla morte di Kim Jong nel 2011 inscena la propria morte per
tentare la fuga, approfittando del lutto nazionale. Anche questo progetto
fallisce, e la polizia arresta il gruppo, ma Aju riesce ancora una volta a scappare.
Di lui non si sa più nulla.
Ma la realtà, come sempre, supera la fantasia.
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