Questo ritratto a china, della fine degli anni ’40, riassume in sé la visione e la cultura e le contraddizioi del modernismo italiano. Un segno, appunto “moderno”, che potrebbe competere con la quasi coeva esperienza di Oscar Kokoschka, ma che a differenza dei pittori del nord fa trasparire un continuo riferimento alla tradizione classica italiana. Nella postura, nella forma e nel contenuto. Alla ritrattistica cinquecentesca, agli schizzi su carta dei pittori veneti, che utilizzano la guazza per creare spettacolo, atmosfera, psicologia interiore. Una figura reclinata, pensante, appena accennata nei lineamenti, forse assopita. O forse solo immersa in una visione inespressa.
E’ negli anni ’50 che si compirà la parabola artistica di Ignazio Di Stefano. Finalista al Premio Marzotto, Quadriennale del 1953, Biennale. Poi, il boom gli toglierà la capacità di far sognare. Ma questo, il sognatore di questo disegno, ancora non lo sa.
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