UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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martedì 22 novembre 2011

ROLAND TOPOR. RIPETETE. ROLAND TOPOR.

"Per guadagnare da vivere io non dispongo che dei prodotti derivati dalla mia paura...La realtà in sé è orribile, mi dà l'asma. La realtà è insopportabile senza gioco, il gioco consente un’immagine della realtà. Io non posso perdere il contatto con la realtà, ma per sopportarla ho bisogno di questo gioco astratto che mi permette di trovare quello che può essere ancora umano."
Roland Topor

Non ci sono mezze misure. Topor o si amava o si odiava. E a me,  da ragazzetto amante dell’arte, stava francamente sulle balle. Con quella sua faccetta tonda, quasi brachicefalo, e quei suoi modi sbruffoni. Almeno così mi sembrava quando disegnava con la luce, scimmiottando Picasso davanti al vetro.
Poi, nel tempo, ho iniziato a trovare su di lui frammenti, racconti e riferimenti. E ho iniziato a vedere tracce di genialità in immagini, grafiche, schizzi, racconti.
Ad esempio quando feci la tesi di laurea su Buzzati e su “Il Viaggio di Mastorna”, e parlando con Fellini, venni a sapere che era proprio Topor la fonte di molti suoi sogni. Il talent visionario che iniziava a buttar giù immagini esagerate e trasgressive ad ogni suo input, e che gli passava come macchina del pensiero, e che lui teneva chiuso nella stanza d’albergo a scarabocchiare (come ne "Il fantasma del Palcoscenico").
Poi parlai con Giovanni Gandini, fondatore di Linus, che mi regalò un poster di Topor e mi disse che era la persona più folle e imprevedibile che avesse mai incontrato nella sua vita. Come quando di rovesciò a un ristorante il tubo di ketchup in testa per raccontare un'idea di copertina.

Iniziai così a sfogliarlo, leggerlo, desiderarlo. Per poi scoprire
che dal suo romanzo "Le Locataire Chimérique" era stato tratto "L'inquilino del Terzo piano" opera simbolo di Roman Polanski, presente anche come attore: ...un giovane archivista, preso in affitto in una vecchio palazzo un appartamento nel quale inquilina precedente s'è uccisa buttandosi dalla finestra, ne assume a poco a poco l'identità….

E ora che Topor non c’è più, rimango sorpreso a vedere molti pochi lo conoscono. E quelli che lo conoscono, in realtà, non lo hanno mai conosciuto veramente.
Forse servirebbe una mostra, vera. Una mostra capace di ridare vita ai sui mostri, e a incubi attualissimi, trasgressivi e corrosivi ancora adesso. Forse anche di più.

Roland Topor (Parigi, 7 gennaio 1938 – Parigi, 16 aprile 1997) è stato uno scrittore, sceneggiatore e illustratore francese. di origine ebreo-polacca,  figlio del pittore e scultore Abram Topor.
Bambino, fugge da Parigi per poi trasferirsi in Savoia, dove la sua famiglia si nasconde per sfuggire all'occupazione nazista. Studia all'École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi e, dal 1961 al 1965, collabora alla rivista satirica mensile Hara-Kiri, dove si fa notare per un cinico humor nero, tipico dei suoi lavori. È tra i fondatori, nel 1962, del celebre movimento surrealista Panico, assieme a Fernando Arrabal e Alejandro Jodorowsky. Nel 1964, a 26 anni,  scrive il suo primo romanzo.

Nella sua eccentrica carriera artistica ha fatto di tutto: dalla pittura all'illustrazione, dal teatro alla fotografia, dall'incisione alla scultura, dal cinema d'animazione ai romanzi, dalla musica alla televisione. E tutto questo sperimentando nuovi linguaggi espressivi e rimanendo fedele alle sue convinzioni e ai suoi principi. Erede del nichilismo dadaista, è riuscito con la sua enigmatica arte a demolire qualsiasi forma di autorità precostituita, ridimensionando contemporaneamente sia il borioso sapere scolastico che la cultura ufficiale imperante. Illuminante il fatto che abbia frequentato la rinomata Accademia di Belle Arti del bar di fronte, come amava ricordare, rifiutando così di diventare un'artista/pollo di batteria come tanti altri. La sua immaginazione sadica e il suo tagliente umorismo nero hanno disvelato, senza mezzi termini, l'assurdità nascosta nel reale, regalandoci un intimo e perturbante brivido. I suoi esseri umani immondi e mostruosi, raffigurati in preda ai piaceri più sfrenati e aggressivi, fanno pensare alle fantasie devianti di un moderno Hieronymous Bosch.
Ha scritto Luca Sforzini. “Viviamo i dettagli angoscianti delle sue opere, fino quasi a sentirne l'acre odore e ad apprezzare, sconvolti, l'elasticità delle carni lacerate. Il mondo rivela la sua doppiezza, l'ipocrisia strisciante e l'artista, indignato, la mostra in tutta la sua repellente virulenza”
Da ricordare anche la sua collaborazione, in Italia, con la rivista satirica "Il Male” e il lungometraggio "Il pianeta selvaggio" nel 1973 premio speciale della Giuria di Cannes.

12 commenti:

  1. grandissimo Topor...è vero, non è celebrato quanto meriterebbe - forse troppo disturbante?
    ricordo una mostra di qualche anno fa credo a Torino, ma poco altro.
    Comunque in pochi sanno che Topor fu anche, sotto pseudonimi vari, autore di alcuni romanzi brevi di una collana per fanciulle degli anni '70, Kitty il libro da passeggio edito da Mondadori... in particolare ricordo "Pop rose". Trama: una diciassettenne parigina crea una fontana turchese che sprizza ketchup per portarla alla Biennale d'Arte e poi si lancia sulle tracce del Marchese di Morarmor, un falsario di quadri del '900.
    Anche quelli dei piccoli capolavori fuori da ogni schema.
    laura a.

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  2. Grazie del commento. In effetti il termine "disturbante" appare il più adatto. Perchè la ragione rimuove ciò che mette in crisi le certezze.

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  3. il suo lavoro per il pianeta selvaggio è straordinario, il film forse è un po' pesante per lo spettatore distratto ma quei paesaggi e quelle creature hanno un fascino e un'atmosfera unici. E' un peccato che oggi l'idea di animazione venga ridotta alle carinerie 3d di pixar e compagnia. Comunque da poco ho scoperto un artista italiano che mi ricorda Topor ed è Luigi Serafini: il suo codex seraphinianus sembra una via di mezzo tra Topor e... Jacovitti, se la cosa può avere senso.

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  4. Già, il grande Jacovittie Topor, ora capo del gruppo dei clowns del circo prima citato e contemporaneamente domatori ed addestratori di gorilla d’ ambo i sessi coadiuvati dalle esperte spalle Craveri e Landolfi, sta or ora discutendo con la scatenata Yayoi Kusama (donna giunta dal paese del sol levante e dalle imprevedibili performances) che lo vorrebbe completamente ignudo per dipingere la sua epidermide di bolle rosse e gialle cadmio scuro, per poi esporlo alla mostra in atto al centro Pompidou di rue Beaubourg . La più divertita è Zazie che applaude battendo vigorosamente le mani, mentre la vittoriana Alice pudicamente si è allontanata scortata dal barcollante Dodo in tuba e ghette, che ansiosamente le copre gli occhi con le asfittiche ali. E Pinocchio ?? acquista castagnacci bollenti dal caldarrostaio Mangiafuoco, in attesa di partire per Prato dove sarà ospite d’onore di non so quale tenda della tribù beduina delle Teste ultradure.
    Il gatto e la volpe si guardano intorno in cerca di polli da spennare. Scocca dal vicino campanile il primo dei rintocchi della campana che ricorda a tutti che è l’ora del rancio e che il locale Pub- o Brasserie, come meglio vi aggrada- ha aperto i battenti. Eli Macbett sta mescendo una pinta di Guiness dal colore ambrato mentre al suo fianco Albert Dubout scuote la testa leggendo la sua monumentale biografia scritta da Italo Calvino con una premessa nell’ambito della quale lo scrittore ligure afferma che le biografie non contano nulla, ma solo quello che si produce concretamente ha valore . Dietro al bancone un ometto dai capelli rossi schiacciati sotto un lungo berretto verde trifoglio, dalle lunghe orecchie con una vistosa gamba di legno suona la fisarmonica cantando una nenia in gaelico. Perbacco, riconosco il lui il protagonista di un’avventura “topolinesca” E’ di certo un leprecauno, si chiama, si chiama….ahhh, ecco, Gilhooley!!

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  5. “Già”, sospira Roland, francese di origine polacca, “quella chiave anche bulgara di craveriana memoria ( su “Il Vittorioso” 1938, ovviamente in italiano), pubblicata in quella lingua slava per bimbi di religione greco ortodossa, ovviamente su un giornale di quel paese al quale rimanda la lingua testè citata, questo su un ebdomadario disneyano nel corso del 1943, anno fatale per l’intera Europa coinvolta in una guerra che ormai chiaramente indicava che le forze dell’”asse” erano avviate alla sconfitta, ma anche per la Bulgaria che seppur alleata della Germania era guidata da un re coraggioso che si oppose alla persecuzione contro gli ebrei, tanto che nessuno di loro fu internato o inviato in campi di concentramento in altre nazioni alleate dei nazisti. Roland Topor, chino sul tavolo sta disegnando con penna , inchiostro e matite colorate sta scolando la sua ottava pinta di birra, si forbisce le labbra dalla schiuma e strizzando gli occhi allunga la mano e agitandola “attraverso” l’immagine la fa vibrare rendendola inconsistente finché si annulla con una sorta di lungo sospiro; poi si guarda intorno, si rigira verso Ulderico e Arturo Carlo e borbotta rivolto ai due giornalisti:” Io sono uomo di sogno e di sonno con una grande volontà di esistere……. per questo sono qui e posso ancora dialogare con voi tutti. Jacovitti lo incontrai una prima volta nel 1984 mentre insieme a Corteggiani stava allestendo una sua personale (fortemente voluta da Wolinsky) in una salone adiacente al teatro Odeon , nel cosidetto quariere latino, a due passi dai giardini del Lussemburgo: altri tempi... mah???

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  6. La storia craveriana si intitola "La chiave del tesoro", del 1938, ma anche pubblicata nel 1943 in Bulgaria. A proposito vedasi il post di Luca Boschi datato inizio Agosto che parla diffusamente di questo specifico "strano" avvenimento..

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  7. Per l'esattezza il post di Boschi è del 27 Luglio e si intitola "Craveri in Bulgaria".

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  8. Quante voci affollano la mia mente, ma io non mi distraggo e continuo il mio monologo:Topor morirà a Parigi nel 1997; già, a soli 59 anni: questo nel nostro universo. Mi auguro che in un ipotetico universo parallelo viva fino a cento anni, quindi in tal caso io penso che la possibilità di incontrarlo esiste sempre, a meno che io nell’altra dimensione non sia già morto, che so, nel 1943 sotto un bombardamento dei cari “alleati”. Un pensiero un poco truce, ma mi è venuto assolutamente non premeditato e desiderato. Mah? comunque del Nostro non si possono dimenticare moltissime cose e fra le tante le sue illustrazioni per il collodiano Pinocchio. A Pinocchio Topor giunge nei primi anni '70, auspice Giorgio Soavi che gli commissiona la strenna Olivetti per il 1972. Tra Pinocchio e Roland si instaura immediatamente un rapporto particolare ". «Io l'adoro questo burattino. È l'unico personaggio letterario moderno, attuale, vero, con le sue curiosità, le sue viltà. E poi quel naso non le sembra un pene, il simbolo della crisi del maschio? Lo guardi quel Pinocchio con quell'aria dimessa e arresa e quel gran naso floscio, in ammirazione della Fatina».
    Io ieri sera, con la complicità della governante tuttofare ho fatto scivolare sotto il cuscino di Topor il Pinocchio Di Jacovitti del 1943 ( del 1944 dolo i frontespizi) e questa mattina sono qui nel suo studio e l’ho costretto a guardare con attenzione una sorta di seguito del libro illustrato testé citato, ossia il secondo Pinocchio di Jacovitti, disegnato nel 1944 ma poi pubblicato a puntate a partire dall’ultimo numero de “Il Vittorioso” 1946. Topor ha fatto buon viso a cattivo gioco e alla fine della lettura accompagnata da innumerevoli levi risate, ha sospirato dicendo: Jacovitti lo conoscevo e anche queste due trasposizioni di Pinocchio mi erano note, tanto che nel disegnare il mio di Pinocchio la mia mente andava spesso al Maestro Jac, detto lisca di pesce. Quindi qualcosa fra me e lui è passato, ma questo è un fenomeno consueto e naturale, poiché nulla nasce dal nulla. IL suo gatto e la volpe li ho tenuti presente, e anche una certa atmosfera claustrofobia che vi ho rilevato, fra la gran cagnara del Gran Circo dei burattini, il mostruoso paese dei balocchi e il ventre dello smisurato pescecane. Di me e di questa opera ottocentesca relativamente alle illustrazioni, è stato spesso scritto che da essa traspare anche troppo evidentemente un Pinocchio in chiave violentemente simbolico/freudiana e che il povero burattino si carica di significati che probabilmente Collodi nemmeno immaginava. In filigrana emergono complessi forse edipici ( io sono a proposito assai scettico). Pinocchio sì abbraccia le ginocchia della Fatina/Fatona , ma la cosa finisce lì , e ambiguità sottilmente non dichiarate (il Pescatore Verde con la sua natura ripulsiva e vagamente ittica ) sono invenzioni della mente di chi guarda e legge il libro di Collodi, non dell’autore del testo scritto e nel mio caso non certamente di chi l’ ha disegnato. I Timori ancestrali mai completamente sopiti (il Serpente) sono fenomeni comuni, un retaggio che tutti i mammiferi si portano nel DNA.. L'operazione che mi stata da alcuni attribuita, ossia un viaggio all'interno della simbologia latente di Collodi appare gratuita. Ma ho compiuto tutto questo viaggio rimanendo all’interno del foglio che riempie con il suo tratteggio non tanto arcaico, come a volte è stato scritto, ma piuttosto triste e cupo, personale e che appartiene ad ogni tempo, ieri come ad oggi. Se pensiamo al grade Goya……E la conclusione certo inevitabile è la discesa del burattino in quell' universo che qualcuno ha identificato come il ventre materno. Nel grembo del pescecane Pinocchio ritroverà non la maternità mai avuta ma il suo babbo creatore, recluso nel ventre animalesco da ben sette anni ( almeno….). Poi tutti sappiamo che alla fine la mamma/fatina lo rigenererà. Beh, nelle fiabe tutto può accadere, senza tirare in ballo Freud e le ambiguità dell’inconscio. Oppure no??”.

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  9. Scrivevo giusto tre anni fa sul blog di Luca Boschi "Cartoonist globale": credo che se Luca è in “ascolto”, possa riportare alla luce il post nel quale si scrisse (lui scrisse) di Topor ecc, pezzo che risale al 2010.
    Il francese Roland Topor lo incontrai a Modena trenta(?) anni or sono, in occasione di una mostra a lui dedicata nelle sale del palazzo comunale.

    La cosa che mi stupì era la fretta che Topor aveva: disegnava su grandi fogli di carta da pacchi, stesi sul pavimento, in modo forsennato le sue tipiche figure e composizioni in bilico fra il surreale e l’horror splatter, ripetendo cose che io ricordavo di aver già visto in una serie di libri e cataloghi a lui derdicati Sogni di giorno, ed Mondadori, per esempio..

    Era in ritardo per l’inaugurazione della mostra, aveva fretta.Almeno questo è quanto frettosamente dedussi allora
    Rimasi veramente allibito, poiché pensavo, avevo sempre pensato, a lui come ad un artista nel vero senso della parola, senza il demone del denaro a tirargli la giacca.

    Ero un povero illuso?
    Ecco, oggi che da allora tre anni sono trascorsi, mi chiedo ancora se Topor , che doveva pur campare, a volte pressato dagli impegni tendesse a ripetersi.
    Oppure la sua cifra espressivo/formale era legata a quei contenuti "disturbanti" che per lui era insopprimibile esigenza dare perennemente alla luce. Continuerò a pensarci, sopra e sotto!

    Topor

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  10. grazie Laura! sa di eccezionale.
    spero di trovare questi Kitty...

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  11. Sauro Pennacchioli
    Sì, Toma, dalle torrette le guardie di Giornale Pop sparano a chi cerca di fuggire.

    6.
    Già, è per questo che oggi tutti i Santi vegliano sui poveri mortali, o viceversa i poveri mortali ricordano i Santi nella speranza che qualcosa possa migliorare e che le pallottole non ci colpiscano!!.
    Sauro sei troppo infofferente, non è la prima volta che immagino di essere intrappolato e bersagliato da un luogo dal quale cerco di evadere. E’ una situazione che con subdole varianti sogno spesso, poi mi sveglio e mi alzo anche se è prima mattina e cerco di farmi passare il malumore facendo il caffè! Diciamo che l’affanno quotidiano del vivere si riflette in una situazione che fra l’altro è stata sfruttata in parecchi romanzi o film dove la persona in fuga -quasi sempre innocente- si deve ingegnare per cavarsela in un susseguirsi di situazioni per lui pericolosissime.
    E’ un classico, che ha come variante l’eroe che insegue una preda o comunque deve raggiungere una meta per salvare qualcuno o qualcosa. ( penso al film “Frantic”)
    Entrando nel campo della fantascienza le cose si complicano perchè non c’è limite alle variabili.
    Il romanzo che ora per me anziano lettore è al centro del mio interesse e delle mie fantasie è “L’uomo nell’alto castello ” di Philip K Dick.
    Ora che sono riuscito a trovare quanto a proposito scrisse la signora Patricia Warrick e che fa parte di un lungo carteggio fra lei e Dick, mi sono convinto che certe spiegazioni a proposito di questa o quella cosa del romanzo prima citato, sono nate a posteriori, pensate con il senno di poi dallo stesso autore, compreso il senso dell’intitolazione stessa: L’uomo nell’alto castello.
    Il fatto che Dick abbia tentato più volte di scrivere un seguito a questo romanzo senza mai portare a termine il progetto e facendo confluire quanto a proposito scritto in altri suoi romanzi, mi ha fatto pensare che il romanzo aveva ed ha senso senso anche perché il finale è aperto. Cercarne un seguito che ne sciogla i nodi sarebbe cosa insensata, poichè meglio lasciare i protagonista in uno stato di sospensione, situazione che corrisponde molto a quanto si verifica nella realtà per tutti noi.
    Io che ne so di quello che mi accadrà domani. Nella finzione posso immaginare che i nazisti ucronici non mi cattureranno, che con il cane sapiente al mio fianco e una lupa bianca, presa in prestito da un romanzo di Williamson, che di giorno diventa una bella giornalista dai capelli rossi, uscirò dalla prigione immaginaria che è il vivere quotidiano. Vorrei anche abbattere i recinti d filo spinato, ma come fare se tutto il mondo ne è pieno?
    Mah, quante sciocchezze!!!
    Buona giornata festiva a tutti!

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