Esistono degli uomini
che non possono avere
nessun conforto, se
non l'illusione.
Maksim Gorkij
Il quadro che vedete è opera di un grande artista polacco di origine austriaca,
Heinrich Rauchinger, un virtuoso destinato a morire di fame e di stenti nel
campo di concentramento di Theresienstadt nell’odierna repubblica ceca.
Questo mi
fa nascere una considerazione e una domanda. Può
esistere un Dio capace di far morire in un campo di concentramento qualcuno a
cui aveva consegnato il segreto della perfezione formale?
Ma
soprattutto, a cosa serve raggiungere questo virtuosismo tecnico, asservire per
un attimo la realtà apparente, credere in valori estetici tradizionali,
rassicuranti, quando la storia precipita nel buio e il bello viene schiacciato
dal male?
Professor Kotari Araki, 1923-1926 Imperiale Università di Tokio,
professore emerito a Vienna e Berlino, economista
Una vicenda privata che diviene specchio della storia dell’arte, per un artista
profondamente mitteleuropeo che ha attraversato tutta la pittura di genere, con
tele anche di convenienza, che realizza poi nel 1926 due ritratti “esotici” un
intellettuale giapponese e sua sorella, a dimostrazione che la globalizzazione
fosse già un fatto reale.
In quello
stesso anno Adolf Hitler marciava con duecento uomini a Weimar. Picasso s’incontrava
a Parigi con Dalì, dando l’ultima sterzata all’arte moderna. E Heinrich, come
un chirurgo dell'arte figurativa, ripercorreva la tecnica artistica risalendo
indietro nel tempo, sino a Holbein e a Pisanello, fregandosene delle
avanguardie e del modernismo. Con quel corpo che prende forma, si stacca
lentamente dalla carta, mantenendo nel punto di congiunzione un sottile
tratteggio e sfumature di biacca. E quel volto che emerge dal fondo e che
sembra fremere di vita, di orgoglio.
A cosa serviva dunque quella maestria? Cosa avrebbe portato come contributo
nell'estetica del mondo?
Io non lo
so, e forse anche lui se lo sarà chiesto vedendo sparire le sue certezze tra le
baracche di un campo di concentramento. In un inverno tra i più freddi del
secolo. In un secolo fra i più folli della nostra memoria.
Indiscusso
maestro figurativo, nasce a Cracovia nel 1858 (dove usa il nome Heinrik Rauchinger).
Studia con Jan Matejko, detto il “maestro delle scene di battaglia”, per poi
trasferirsi a Vienna, dove frequenta la Akademie der bildenden Künste nel pieno dell'atmosfera della
Secessione, divenendo prossimo a Klimt che conosce e che visita nel suo studio.
Inizia
quindi una carriera di successo, che lo porterà a girare l’Europa, divenendo
membro della Accademia delle Arti di Vienna "Kuenstlerhaus".
Emblematici
i ritratti realizzati tra il 1923 e il 1926. Raffigurano il professor Kotaro
Araki (a volte scritto Kotori), e sua sorella Mitzuko Araki. Araki era un
insigne economista, professore dell'Università Imperiale di Tokio, prima alla
Scuola di Economia dell'Università di Vienna, e poi all'Università di Berlino.
Amico e ispiratore di Joseph A. Schumpeter, autore della fondamentale Teoria dello sviluppo economico, che
avrebbe portato al socialismo per via parlamentare, opponendosi alla
rivoluzione.
Rauchinger si troverà infine, nel 1942, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nel campo di Theresienstadt morirono, infatti, almeno 16.000 persone, inclusa Esther Adolphine (sorella di Sigmund Freud), Friedrich Münzer (noto studioso di storia classica tedesco) e due fratelli della nonna del politico americano John Kerry. La maggior parte dei decessi avvenne negli ultimi mesi del '42. Quello del Prof. Rauchinger è registrato il 18 agosto 1942, anche se esistono ancora dubbi sulle dinamiche e sulla data. Alla fine del conflitto il campo conterà 44.000 morti. Sui 1015 deportati da Vienna ne sopravviveranno solo 39.
George
Steiner nel suo saggio "Linguaggio e
silenzio" scrisse:
"Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un
uomo può leggere Goethe e Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi,
il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz. Dire che egli ha letto
questi autori senza comprenderli o che il suo orecchio è rozzo, è un discorso
banale e ipocrita. In che modo questa conoscenza pesa sulla letteratura e la
società, sulla speranza? Perché le Università, le Arti, il Mondo Libero non
sono riusciti a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica:
spesso anzi si levarono ad accoglierla, a celebrarla, a difenderla, perché?...."
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