Un'opera d'arte è soprattutto un'avventura della mente.
Eugene Ionesco
Eugene Ionesco
Il recupero del convento fu il primo atto del progetto di Buzzi subito dopo passò ai giardini, trasformando gli orti dei frati in un fantastico impianto verd. dove, tra siepi di bosso, statue e pergolati, si rievoca il mito d'amore di Polifilo e della ninfa.
Ultimato così il recupero della "città sacra", Buzzi passò ad edificare la sua "città profana", che chiamerà "Buzziana". Gli edifici sono collegati tra loro da zone teatrali vere e proprie
(scene, gradinate, grandi vasche) realizzate sul rilievo del terreno e sostenute da poderosi muri di tufo. La Buzziana appare proprio una città profana, sovraccarica com'è di riferimenti e citazioni: ovunque vi sono impressi motti, monogrammi e simboli indecifrabili. Concepita in base ad un personalissimo neo-Manierismo, la cittadella presenta forme sconcertanti e complesse: vi abbondano scalinate, modi espressivi "alla rustica", bassorilievi di mostri, statuine, figure fitomorfe "alla Arcimboldi".
C'è un affastellarsi di edifici e monumenti che ha del miracoloso: strutture circolari, osservatori astronomici, costruzioni zoomorfe e pozzi di meditazione, templi pagani con una torre di cristallo che pare il pinnacolo di una cattedrale.
L'opera dell'architetto Buzzi rappresenta uno dei capitoli più interessanti ed ancora meno studiati della storia delle arti visive del XX secolo. Ebbe relazioni strette con il gruppo del Novecento Milanese (Muzio, Cabiati, De Finetti) ed iniziò con Gio Ponti una collaborazione lunga e fruttuosa, che si estese dall'architettura, all'urbanistica, al design, alla partecipazione con articoli ed interventi alle pagine di "Domus", la prestigiosa rivista fondata nel 1928 dallo stesso Ponti. Buzzi fu infatti uno dei protagonisti degli avvenimenti artistici più importanti di quegli anni e uno dei maggiori architetti italiani del novecento (membro fondatore del Club degli urbanisti partecipò ad esempio al famoso concorso per la sistemazione urbanistica di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani); ebbe ruoli organizzativi di spicco in manifestazioni internazionali sulle arti applicate (Triennale di Milano, padiglioni dell'Enapi, Mostra Internazionale di Amsterdam, Mostra Nazionale dello Sport ecc.); tra i fondatori del Labirinto, ricoprì la carica di direttore artistico per la Venini di Venezia, collaborando con i principali artisti nel campo del vetro.
Le arti applicate costituiscono uno dei terreni privilegiati in cui si concretizza la fantasia creativa di Buzzi, che si occupò della progettazione di mobili, di ceramiche, di pizzi e merletti, lampade orologi ed ogni tipo di oggetti d'arredo. Gli interessi di Buzzi presero da subito una piega più originale - irriverente e insieme straordinariamente colta - rispetto agli altri personaggi della scena milanese, che lo rese forse meno conosciuto al grande pubblico (egli scelse anche un volontario isolamento e smise di pubblicare le proprie opere dalla fine degli anni '30), ma che gli valse l'ascesa ad architetto ufficiale della nobiltà ed alta borghesia italiana (ad es. casa Agnelli o Villa Volpi di Misurata a Sabaudia, nella foto in alto).
L'opera dell'architetto Buzzi rappresenta uno dei capitoli più interessanti ed ancora meno studiati della storia delle arti visive del XX secolo. Ebbe relazioni strette con il gruppo del Novecento Milanese (Muzio, Cabiati, De Finetti) ed iniziò con Gio Ponti una collaborazione lunga e fruttuosa, che si estese dall'architettura, all'urbanistica, al design, alla partecipazione con articoli ed interventi alle pagine di "Domus", la prestigiosa rivista fondata nel 1928 dallo stesso Ponti. Buzzi fu infatti uno dei protagonisti degli avvenimenti artistici più importanti di quegli anni e uno dei maggiori architetti italiani del novecento (membro fondatore del Club degli urbanisti partecipò ad esempio al famoso concorso per la sistemazione urbanistica di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani); ebbe ruoli organizzativi di spicco in manifestazioni internazionali sulle arti applicate (Triennale di Milano, padiglioni dell'Enapi, Mostra Internazionale di Amsterdam, Mostra Nazionale dello Sport ecc.); tra i fondatori del Labirinto, ricoprì la carica di direttore artistico per la Venini di Venezia, collaborando con i principali artisti nel campo del vetro.
Le arti applicate costituiscono uno dei terreni privilegiati in cui si concretizza la fantasia creativa di Buzzi, che si occupò della progettazione di mobili, di ceramiche, di pizzi e merletti, lampade orologi ed ogni tipo di oggetti d'arredo. Gli interessi di Buzzi presero da subito una piega più originale - irriverente e insieme straordinariamente colta - rispetto agli altri personaggi della scena milanese, che lo rese forse meno conosciuto al grande pubblico (egli scelse anche un volontario isolamento e smise di pubblicare le proprie opere dalla fine degli anni '30), ma che gli valse l'ascesa ad architetto ufficiale della nobiltà ed alta borghesia italiana (ad es. casa Agnelli o Villa Volpi di Misurata a Sabaudia, nella foto in alto).
Straordinaria anche la produzione di schizzi, bozzetti e costumi teatrali (qui a sinistra, un bozzetto lirico per la Carmen dei primi anni ’50) che lo pongono in una dimensione eclettica ed europea. In quell'aurea di trasverslità che oggi sembra impensabile. E che, forse, lo era anche in quegli anni.
Vorrei segnalarle il destino di altri architetti anomali italiani del '900 come Brasini e De Vico. Sarebbe interessante approfondire.
RispondiEliminaLuca Cambi