"Per guadagnare da vivere io non dispongo che dei prodotti derivati dalla mia paura...La realtà in sé è orribile, mi dà l'asma. La realtà è insopportabile senza gioco, il gioco consente un’immagine della realtà. Io non posso perdere il contatto con la realtà, ma per sopportarla ho bisogno di questo gioco astratto che mi permette di trovare quello che può essere ancora umano."
Roland Topor
Non ci sono mezze misure. Topor o si amava o si odiava. E a me, da ragazzetto amante dell’arte, stava francamente sulle balle. Con quella sua faccetta tonda, quasi brachicefalo, e quei suoi modi sbruffoni. Almeno così mi sembrava quando disegnava con la luce, scimmiottando Picasso davanti al vetro.
Poi, nel tempo, ho iniziato a trovare su di lui frammenti, racconti e riferimenti. E ho iniziato a vedere tracce di genialità in immagini, grafiche, schizzi, racconti.
Ad esempio quando feci la tesi di laurea su Buzzati e su “Il Viaggio di Mastorna”, e parlando con Fellini, venni a sapere che era proprio Topor la fonte di molti suoi sogni. Il talent visionario che iniziava a buttar giù immagini esagerate e trasgressive ad ogni suo input, e che gli passava come macchina del pensiero, e che lui teneva chiuso nella stanza d’albergo a scarabocchiare (come ne "Il fantasma del Palcoscenico").
Poi parlai con Giovanni Gandini, fondatore di Linus, che mi regalò un poster di Topor e mi disse che era la persona più folle e imprevedibile che avesse mai incontrato nella sua vita. Come quando di rovesciò a un ristorante il tubo di ketchup in testa per raccontare un'idea di copertina.
Ad esempio quando feci la tesi di laurea su Buzzati e su “Il Viaggio di Mastorna”, e parlando con Fellini, venni a sapere che era proprio Topor la fonte di molti suoi sogni. Il talent visionario che iniziava a buttar giù immagini esagerate e trasgressive ad ogni suo input, e che gli passava come macchina del pensiero, e che lui teneva chiuso nella stanza d’albergo a scarabocchiare (come ne "Il fantasma del Palcoscenico").
Poi parlai con Giovanni Gandini, fondatore di Linus, che mi regalò un poster di Topor e mi disse che era la persona più folle e imprevedibile che avesse mai incontrato nella sua vita. Come quando di rovesciò a un ristorante il tubo di ketchup in testa per raccontare un'idea di copertina.
Iniziai così a sfogliarlo, leggerlo, desiderarlo. Per poi scoprire che dal suo romanzo "Le Locataire Chimérique" era stato tratto "L'inquilino del Terzo piano" opera simbolo di Roman Polanski, presente anche come attore: ...un giovane archivista, preso in affitto in una vecchio palazzo un appartamento nel quale inquilina precedente s'è uccisa buttandosi dalla finestra, ne assume a poco a poco l'identità….
E ora che Topor non c’è più, rimango sorpreso a vedere molti pochi lo conoscono. E quelli che lo conoscono, in realtà, non lo hanno mai conosciuto veramente.
Forse servirebbe una mostra, vera. Una mostra capace di ridare vita ai sui mostri, e a incubi attualissimi, trasgressivi e corrosivi ancora adesso. Forse anche di più.
Roland Topor (Parigi, 7 gennaio 1938 – Parigi, 16 aprile 1997) è stato uno scrittore, sceneggiatore e illustratore francese. di origine ebreo-polacca, figlio del pittore e scultore Abram Topor.
Bambino, fugge da Parigi per poi trasferirsi in Savoia, dove la sua famiglia si nasconde per sfuggire all'occupazione nazista. Studia all'École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi e, dal 1961 al 1965, collabora alla rivista satirica mensile Hara-Kiri, dove si fa notare per un cinico humor nero, tipico dei suoi lavori. È tra i fondatori, nel 1962, del celebre movimento surrealista Panico, assieme a Fernando Arrabal e Alejandro Jodorowsky. Nel 1964, a 26 anni, scrive il suo primo romanzo.
Nella sua eccentrica carriera artistica ha fatto di tutto: dalla pittura all'illustrazione, dal teatro alla fotografia, dall'incisione alla scultura, dal cinema d'animazione ai romanzi, dalla musica alla televisione. E tutto questo sperimentando nuovi linguaggi espressivi e rimanendo fedele alle sue convinzioni e ai suoi principi. Erede del nichilismo dadaista, è riuscito con la sua enigmatica arte a demolire qualsiasi forma di autorità precostituita, ridimensionando contemporaneamente sia il borioso sapere scolastico che la cultura ufficiale imperante. Illuminante il fatto che abbia frequentato la rinomata Accademia di Belle Arti del bar di fronte, come amava ricordare, rifiutando così di diventare un'artista/pollo di batteria come tanti altri. La sua immaginazione sadica e il suo tagliente umorismo nero hanno disvelato, senza mezzi termini, l'assurdità nascosta nel reale, regalandoci un intimo e perturbante brivido. I suoi esseri umani immondi e mostruosi, raffigurati in preda ai piaceri più sfrenati e aggressivi, fanno pensare alle fantasie devianti di un moderno Hieronymous Bosch.
Ha scritto Luca Sforzini. “Viviamo i dettagli angoscianti delle sue opere, fino quasi a sentirne l'acre odore e ad apprezzare, sconvolti, l'elasticità delle carni lacerate. Il mondo rivela la sua doppiezza, l'ipocrisia strisciante e l'artista, indignato, la mostra in tutta la sua repellente virulenza”