Avrà una decina di anni ed è seduta su una poltrona di legno imbottita per alleviare la lunga degenza. Ha in mano una rosa, i cui petali si sfogliano sulla coperta, ricordando lo sfuggire inesorabile della vita. In realtà potrebbe essere lei stessa che, giocandoci, per ingannare il tempo, ha finito per distruggerla. Ma non è quello che ti viene da immaginare.
La sua pelle è bianca, livida, con rifrazioni simili a quelle del lenzuolo. Le dita della mano sembrano addirittura grigie, e raccontano, con dettagli clinici, uno stato d’animo.
È seduta ma appare racchiusa da un’inquadratura che la racchiude senza raccontare o svelare nulla della stanza, e che si stringe intorno a lei come un feretro.
Gli occhi sono una domanda che non aspetta risposta.
Ti guardano, e leggi un terrore sopito, una rassegnazione che ha ancora dentro di sé il fuoco della ribellione.
Questa tela è opera di Christian Krohg (Oslo, 1852 – Oslo, 1925) un pittore, scrittore, giornalista e viaggiatore norvegese noto anche per essere stato a Parigi il leader dei bohémien scandinavi e una figura di riferimento per tutta la comunità.
Un’artista quasi sconosciuto in Italia, ma anche nel resto dell’Europa, a cui darà grande risalto la mostra "Christian Krohg. Il popolo del Nord" a cura di Servane Dargnies De Vitry che si terrà al Musée d'Orsay a Parigi dal 25 marzo al 27 luglio 2025.
Il quadro che vi ho appena mostrato ebbe un’enorme influenza su Edvard Munch che aveva perso a cinque anni la madre di tubercolosi e ne aveva quattordici quando la sorella Sophie, quindicenne, sarebbe morta per la stessa malattia dopo una straziante agonia.
Un destino comune in quegli anni a quello del 40% dei bambini sino ai 5 anni, percentuale che solo all’inizio del 900 avrebbe iniziato a decrescere.
In questa tela Munch ritrova le radici del proprio malessere e, forse, la motivazione che lo porta a dipingere. Scrive, infatti la genesi del suo quadro Bambina malata (Det syke barn): “Quando vidi la bambina malata per la prima volta – la testa pallida con i vividi capelli rossi contro il bianco cuscino – ebbi un’impressione che scomparve quando mi misi al lavoro. Ho ridipinto questo quadro molte volte durante l’anno – l’ho raschiato, l’ho diluito con la trementina – ho cercato parecchie volte di ritrovare la prima impressione – la pelle trasparente, pallida contro la tela – la bocca tremante – le mani tremanti. Avevo curato troppo la sedia e il bicchiere, ciò distraeva dalla testa. Guardando superficialmente il quadro vedevo soltanto il bicchiere e attorno. Dovevo levare tutto? No, serviva ad accentuare e dare profondità alla testa. Ho raschiato attorno a metà, ma ho lasciato della materia. Ho scoperto così che le mie ciglia partecipavano alla mia impressione. […] Finalmente smisi, sfinito – avevo raggiunto la prima impressione».
Christian Krohg, membro di una famiglia benestante e influente di Oslo è considerato il più autentico pittore politico scandinavo del XIX sec., vicino al movimento studentesco liberale e di sinistra, convinto che “lo scopo dell'arte è quello di rappresentare la propria epoca in modo veritiero e scomodo”, tema che proseguirà anche attraverso la letteratura con il romanzo Albertine che tratta il tema della prostituzione a Christiania negli anni Ottanta di cui realizzerà anche una serie di quadri e disegni.
Nelle sue opere sembra così far vivere il naturalismo e l’impressionismo, elevando anche le persone umili, gli ultimi, le prostitute, i senza tetto, i pescatori a giornato a un ruolo quasi epico.
Come avveniva tradizionalmente per i giovani artisti scandinavi Christian si era formato per cinque anni nelle tecniche pittoriche in Germania, prima di trasferirsi nella penisola danese di Skagen nel 1879 – interagendo con la celebre colonia di pittori residenti – per poi trascorrere diversi periodi a Parigi, dove scopre Courbet e dove frequenta Manet, insegnando per alcuni anni all'Académie Colarossi.
Krohg decide infine di concludere la sua carriera artistica in Norvegia. Si sposa, ha un figlio e ricoprirà l’incarico di direttore dell'Accademia di Belle Arti di Oslo fino alla sua morte, avvenuta nel 1925.
Negli ultimi anni, quasi come un’ossessione, dipinse cinquanta volte il proprio autoritratto.
Non sono riuscito a trovare il nome della bambina.
-->
Nessun commento:
Posta un commento