Tra ottocento e novecento
l’architettura si chiedeva che cosa sarebbe potuto diventare. Le tecniche
costruttive permettevano ormai costruzioni sempre più ardite piegando ferro e calcestruzzo
armato alla fantasia dell’architetto. Il mondo appare sempre più piccolo, un
po’ come oggi. Nasce così l’idea di costruire qualcosa che prima non c’era,
unendo le suggestioni dell’architettura storica, della cultura babilonese a
quella greca, dal rinascimento al barocco, dagli egizi all’arte islamica e
indiana, il tutto shakerato, rivestendo con una pelle fantastica e
indescrivibile le nuove soluzioni costruttive.
Questo movimento venne
chiamato eclettismo (dal greco eklektekós da ekleghein, scegliere, selezionare) per indicare l'atteggiamento di
chi sceglie in diverse dottrine ciò che è affine e cerca di armonizzarlo in una
nuova sintesi.
Un movimento che tutti, io
per primo, dico di conoscere, ma che in realtà è così ampio e complesso da
prestarsi a molta confusione.
In questo contesto hanno
operato in Italia alcuni architetti geniali come i fratelli Gino e Adolfo Coppedè (anche lui da
rivalutare), Cesare Bazzani, Luigi
Bellincioni, Renzo Picasso, Armando Brasini, e Gaetano Aliberti, un
architetto per troppo tempo dimenticato che emerge dai suoi appunti e schizzi, oggi
ritrovati, con una personalità di assoluto rilievo. Folle quanto basta per
entrare di diritto nel Museo Immaginario.
Torri, palazzi, bizzarrie,
fontane, monumenti funebri, schizzati con incredibile maestria utilizzando
china e guazza. Macchie che sono poi divenute realtà ai padiglioni delle
Esposizioni Universali del 1911 e del 1919, prima di cedere alla imperante cultura
piacentiniana.
Incidentalmente, è
stato anche il padre di quella Vittoria Aliberti, in seguito sposatasi con
Alberto Ronchey, divenuta poi una affermata scrittrice come Vittoria Ronchey (Figlioli miei marxisti immaginari)
finalista al Premio Strega.
Livornese, classe 1888.
Gaetano vive in anni di grande fermento culturale e dimostra sin dalla
giovanissima età una forte predisposizione all’arte e all’architettura. Riesce
ad anticipare l’iscrizione agli studi nella Scuola Tecnica di Carrara, dove si diploma nel 1903 e si
laurea prestissimo in Architettura con il Profesorre Enrico Bonanni, del quale fu l'allievo prediletto.
Gaetano Aliberti partecipa alla I° e alla II° Esposizione Donatelliana a Napoli su invito del celebre scultore Ettore Ximenes e vince la Medaglia d’Oro per l’architettura con i disegni preparatori qui raccolti (gli originali sono andati purtroppo dispersi). Disegni che appaiono come il manifesto dell’utopia e del sogno sfrenato, eclettico che verranno poi ripresi per realizzare nel 1911 alcuni padiglioni dell’Esposizione Universale di in occasione del 50° dell’Unità di Italia e le biglietterie nel 1914 dell’Esposizione di Genova.
Gaetano Aliberti si
trasferisce quindi a Reggio Calabria, della quale diventerà fiero cittadino, e dove
nasce Vittoria, e dove inizia la seconda fase della sua vita, affiancando all’inizio
lo studio Zerbi Pertini e Marzatz come disegnatore in
alcuni piccoli capolavori di eclettismo, come ville private (Villa Genovese Zerbi).
Nel 1917 viene richiamato alle armi e riceve una croce al merito. Terminata la guerra continua la sua attività. Incontra Brasini, con cui condivide la visione onirica e partecipa al progetto per municipio di Padova e alla sistemazione urbanistica del centro della città. Vince il progetto ma l’opera non viene pienamente realizzata.
Sposatosi con Costanza Filocamo nel 1919 a Reggio Calabria, si divide tra lo studio di Roma e lo studio in Calabria.
Nel 1924 viene nominato
dal Gentili, Professore Onorario
presso l’Accademia di Carrara e inizia una lunga attività di progettista di
alterne fortune e di autori di testi, nei quale si occupa di tematica inerenti
alla fisica complessa.
Ben presto accoglie le
teorie razionaliste e incontra Piacentini, con il quale collabora per la
realizzazione del Museo Nazionale e
progetta una serie di edifici governativi come la casa littoria e circolo dei reduci
di cui rimangono i disegni preparatori.
Sono opere finalizzate alla creazione della GRANDE REGGIO che si interrompono allo scoppio del conflitto.
La mancata assegnazione di lavori provoca gravi conseguenze economiche, che si ripercuoterranno per tutta la famiglia. Finita la guerra, le commesse svaniscono, collabora con riviste di settore e ritorna alla sua passione di sempre la fisica.
La mancata assegnazione di lavori provoca gravi conseguenze economiche, che si ripercuoterranno per tutta la famiglia. Finita la guerra, le commesse svaniscono, collabora con riviste di settore e ritorna alla sua passione di sempre la fisica.
Muore a Roma nel 1961,
dove viene sepolto.
Gino Coppedè - Roma,
Bellissimo post. Conosco Gaetano Aliberti avendo viste sue tavole e progetti a Carrara. troppi dimenticati!!
RispondiEliminaAlessandra Ferrari
Buongiorno ! Si chiama Gastone Aliberti l’architetto, non Gaetano
RispondiEliminaE’ vero il suo nome era Gastone! Gli Aliberti erano quattro fratelli: Alberto, Giuseppe, Gastone e Gino. Gino era mio nonno
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