UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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sabato 11 luglio 2015

AMRITA SHER - GIL. LA FRIDA KHALO DELL'INDIA.

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Più la storia è maledetta, più la pittura appare bella e affascinante. Siamo tutti un po' cialtroni, noi artofili, ma ci piace guardare nelle pieghe del quadro, negli sguardi, cercando di individuare storie e presagi. Facciamo i colti, ma poi leggiamo le biografie, da Caravaggio a Van Gogh, e ci emozioniamo per delitti ed eccessi.

Come non inserire in questa élite Amrita Sher - Gil (30 Gennaio 1913 - 5 dicembre 1941), una pittrice indiana nata da padre del Punjabi, aristocratico sikh, fotografo per passione, e da una madre ebrea ungherese, cantante lirica.

Nota anche come la Frida Kahlo indiana  - grazie anche alla riscoperta effettuata in occasione del centenaio della nascita- è  oggi considerata forse la più importante pittrice del 20° secolo in Asia, la cui eredità culturale in India viene rivelata alla pari con quella dei Maestri del Bengala ed ebbe grande influenza su maestri come Sayed Haider Raza e Arpita Singh.  



Bellissima, nata a Budapest e trasferitasi a 8 anni in India, verrà a studiare a Firenze (addirittura a 11 anni, sic!) e a Parigi, per poi tornare in India, dando vita a una serie di dipinti, negli anni ’30, dedicati alle donne indiane dei villaggi del Sud, che oggi fanno scuola. Abbandona finalmente  lo "stile europeo", approfondisce la ricerca a Summer Hill, Shimla, dove la famiglia risiede, e cerca di creare, anche nei colori, una reale identità indiana. 
Non solo esplora forme e cromie fatte di terra e spezie, ma va a donare alle donne espressioni che la pittura indiana non aveva mai esplorato prima. Attenta, anche politicamente, a voler raccontare la vita dei poveri, dei derelitti, dei rappresentanti delle caste più umili. La sua non è una fuga intellettuale come Gauguin, è una presa di coscienza.
Con lei finisce l'orientalismo, e nasce la pittura d'oriente contemporanea.

 


Sposatasi con il cugino Victor, ungherese, lo tradisce costantemente con uomini e con donne, che spesso usa come modelle. I detrattori la chiamano Gipsy, la zingara, per le sue origini.

--> Con lui si trasferisce a Saraya, nell'Uttar Pradesh, regione ai confini con il Nepal, attraversata dal Gange, ma poi insoddisfatta, si sposta a Lahore. E’ proprio qui, nel 1941, a vent'otto anni, pochi giorni prima dell'apertura della sua prima grande mostra personale, si ammala gravemente, scivola in coma e muore.
La madre accusa il marito di averla uccisa. Molti credono che la causa della morte sia un aborto clandestino. Amrita è morta da poche ore quando l'Inghilterra dichiara guerra all’Ungheria e Victor viene messo in prigione come nemico della nazione.
Salman Rushdie si è ispirato a lei per la protagonista della novella ”The Moor's Last Sigh", 1995.

 

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