UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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lunedì 14 gennaio 2013

LA BARONESSA DADAISTA. UNA STORIA APERTA A MOLTE SORPRESE. Baroness Else von Freytag-Loringhoven

Una delle immagini più famose del movimento DADA. 
Nessuno però sa che la donna nella fotografia, e probabilmente anche il puppet, 
è la Baroness Else Freytag-Loringhoven.

La Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven (chiamata anche Else von Freytag-von Loringhoven - 12 Luglio 1874 - 15 dicembre 1927) è stato una protagonista dell’avanguardia dadaista, artista visiva, performer e poetessa, che ha lavorato per diversi anni nel Greenwich Village, New York City, anticipando di 50 anni mode e tendenze.
Nata povera. Vissuta come un pendolo oscillante tra gli agi e il disastro, ha avuto una vita avventurosa e caotica che aspetta solo di diventare un film. Prima di morire, in totale miseria a Parigi, per un incidente domestico da molti letto come suicidio.



La sua poesia visionaria e provocatoria è stata pubblicata postuma nel 2011 e Il New York Times ha inserito il libro nella lista dei più importanti volumi dell'anno. E le sue intuizioni, per quanto caotiche, e forse dettata da traumi psicotici e da uno stato border line, non sono state ancora del tutto comprese e studiate. Tanto da poter essere stata proprio lei ad influenzare alcune delle radicalizzazione del movimento DADA, orinatoio di Duchamp compreso. Ma partiamo dagli inizi, come conviene ad una storia – vedrete – ricca di colpi di scena.

Poesiva visiva, 1914
Freytag-Loringhoven nasce con il nome di Hildegard Else Plötz in Pomerania. Suo padre è un muratore violento e alcolizzato, accusato di aver trasmesso alla madre la sifilide e di averne causato la follia, che la maltratta e che abuserà sessualmente di lei sin dall’infanzia. 
Per altre ragazze sarebbe una via senza uscita.
Non per Else. Nonostante l’ambiente gretto e violento, scappa di casa, studia come attrice per poi debuttare come performer vaudeville a Berlino, Monaco e in Italia, caratterizzandosi per una vita sessuale intensa, aperta ad ogni esperienza, vissuto nella piena bisessualità.

Studia arte a Dachau, vicino a Monaco. E sono gli studi d’arte e le nuove frequentazioni che le permettono di frequentare ambienti borghesi e abbienti, sino a sposarsi nel 1901, a Berlino, con il noto architetto art nouveau August  Endell. Ricco, affascinante, impotente.


Auguste Endell

Else Endell viaggia in tutta Europa e frequenta la buona società, intrecciando un rapporto a tre mai del tutto chiarito con un amico del marito, il poeta e traduttore Felix Paul Greve. Nel luglio del 1910, mentre è in viaggio con loro sulla strada per Palermo, decide di abbandonare in maniera definitiva il marito e di fare di Greve il suo solo uomo. 

Felix Paul Greve
Anche Greve, accerchiato dai creditori, vorrebbe ricominciare una nuova vita. L’idea che hanno è radicale come le loro vite: inscenare, con la complicità di Else, un finto suicidio, per poi partire alla volta del Canada o degli Stati Uniti.
Quando Elsa, sbrigate le formalità lo raggiunge (lui si intanto è ribattezzato Frederick Philip Grove) si trasferiscono insieme una fattoria a Sparta, Kentucky dove lui inizia a fare il coltivatore. The end? Ma quando mai…

Grove, 15 mesi dopo, nel 1911 la lascia per andare a cercare l’oro e riscattare i diritti di una miniera. E poi, la fama, come intellettuale.
Else si rimbocca le maniche, si dimentica di quel bell’imbusto e non smette di pensare in grande.

Inizia così a modellare e dipingere, legandosi agli artisti di Cincinnati per poi andare a New York.

Nella Grande Mela si mantiene lavorando in una fabbrica di sigarette, ma finge di essere modella per artisti come Louis Bouché, George Biddle e Man Ray e finisce per farsi prendere sul serio anche dagli stessi interessati.

E’ grazie a queste frequentazioni che nel 1913 sposa il barone tedesco Leopold von Freytag-Loringhove. Bello e squattrinato. Ma che le permette di divenire "la baronessa dadaista" e una delle stelle riconosciute di New York.




Cathedral, 1918

E in questo periodo che inizia scrivere poesie e frammenti di un romanzo, divenendo un pioniere femminile della poesia sonora. Abbandona ben presto l’arte nei suoi aspetti formali. Tutto le sta stretto. Lavora così su sculture, pitture e  assemblages (dei quali sarà una delle prime interpreti) realizzati con spazzatura e rifiuti raccolti dalle strade. Elenvando gli oggetti che gli altri scartano o disprezzano in oggetto di culto.

Tanto che Duchamp, in una lettera alla sorella scritta nel 1917 le racconta eccitato che una sua amica ha avuto un’idea pazzesca e che “… ha mandato un orinatoio per la presentazione al Salone degli Indipendenti….”.

Aprendo la strada a una serie di congetture sulla reale intuizione di Duchamp e sulla paternità dell’idea che un giorno o l'altra, andrà dipanata.

January 10, 1922. New York.  Baroness e Claude McKay, 
Jamaican writer and a figure in the Harlem Renaissance




Sparito il marito (tornato in Germania, per combattere contro gli Stati Uniti) le sue mise diventano proverbiali. “…cucchiaini usati come orecchini, francobolli incollati sulle guance, una torta di compleanno, con tanto di candeline accese, al posto del cappello… i capelli rasati a zero e adorni di spazzatura…”.
E’ talmente al di sopra del normale che Duchamp e Man Ray la coinvolgono in un cortometraggio, intitolato The Baroness shaves Her Public Hair (La baronessa si rade i peli pubici), di cui purtroppo sopravvivono solo pochi fotogrammi. Ma che già dal titolo prometteva di essere una bomba.


PORTRAIT OF BERNICE ABBOTT c. 1922-26 by Baroness Elsa Von Freytag-Loringhaven


Nel 1923 il gioco però si rompe. La bellezza è ormai sfiorita. Else è diventata tutta ossa (assomiglia un po’ a Renato Zero) e anche il fatto di barare sull’età di 10 anni, come ha sempre fatto, non è più credibile. Le mode stanno cambiando, e la sua vita torna ad essere difficile.



Forse illudendosi di sfruttare anche il roboante titolo nobiliare nel 1923, Freytag-Loringhoven torna a Berlino, in cerca di migliori opportunità.
Trova invece un’economia devastata dalla prima guerra mondiale, e un tessuto artistico che non la accoglie come avrebbe sperato. Indipendentemente delle sue difficoltà, rimane lì, senza un soldo, scivolando sempre di più sull'orlo della pazzia. Diseredata dal padre e ridotta in estrema povertà, finisce per vendere giornali sul Kurfűstendamm e per trascorrere un lungo periodo in una clinica psichiatrica, sempre implorando i vecchi conoscenti, fra cui Peggy Guggenheim, di prestarle del denaro. Di non abbandonarla. Di credere ancora in lei.

È Djuna Barnes, una delle amiche più fedeli (che abbozzerà anche una sua biografia) a pagare l’affitto dell’appartamento parigino in cui la baronessa si trasferisce nel 1926, nell’ultimo tentativo, disperato di rifarsi una vita. 
Qui, in rue Barrault, muore nel 1927, soffocata dai miasmi dal gas lasciato aperto. Aperto volutamente, o volutamente lasciato così da qualcuno. Suicidio, incidente, omicidio?
Nessuno potrà mai saperlo. Aveva 53 anni.





4 commenti:

  1. avevo sempre pensato che quello della foto che somiglia a Renato Zero fosse Duchamp travestito!

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  2. Infatti è Duchamp che interpreta il suo alter ego femminile

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  3. I dementi di fino '800, oltretutto le foto più importanti della tizia col dadaismo non c'entrano nulla.

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