UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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martedì 8 gennaio 2013

21 GRAMMI E L’ESTETICA DEL DOLORE

Nel 1934, il medico tedesco diagnosta Prof. Dr. Hans Killian pubblica un libro straordinario e agghiacciante, Facies Dolorosa: Das Schmerzensreiche Antiltz, 64 ritratti dei suoi pazienti morenti, in alcuni casi ripresi proprio nel momento del trapasso.

Si tratta di immagini documentali, pensate come un contributo scientifico di osservazione empirica, che nasce dalla teoria del Dr. Killian secondo la quale la diagnosi della malattia di base di una persona potrebbe essere letta nella tensione dei muscoli facciali e dalle espressioni presenti sui loro volti. La prima edizione di Facies Dolorosa è stata stampata con il processo di collotipia ed è estremamente rara. Oggetto di collezionismo, non tra i medici, ma tra gli esteti e i bibliofili. Ed è questo il primo paradosso.


 
L’operazione, pur essendo ammantata da una volontà clinica per certi versi ancora ottocentesca e positivista, almeno negli intenti iniziali, possiede infatti una bellezza travolgente e terribile. Una carica ipnotica, che emerge in questi volti, fotografati in primissimo piano, di forte influenza espressionista, costruiti con sapienza compositiva e tecnica raffinata.
Colti spesso in piani obliqui, i ritratti possiedono una forte carica disturbante.
Non vuoi guardare, e invece continui a farlo, ricercando in quegli occhi una risposta. E ti senti in colpa.
Il "volto del dolore" di Facies Dolorosa diviene, così, un ulteriore contributo a quell'estetica della sofferenza in bilico tra compassione e compiacimento che tanta parte ha avuto nella storia dell'immagine fotografica. Ma anche della storia dell’arte, o del cinema, nella volontà di mostrare gli ultimi atti del Cristo, dei santi, degli eroi, dei protagonisti. Con un dato certo. La morte, possiede in sè qualcosa di enorme e sacrale, ma è molto meno romantica e oleografica di come ci sforziamo di rappresentarla.

Barocco Spagnolo
Antonello da Messina
Gheddafi, ultime immagini in vita
Anton Van Dick


E’ forse proprio in quel momento che fuggono via, come vorrebbe una leggenda parascientifica, i 21 grammi dell’anima che il Dr. Duncan MacDougall individuò con scientifica certezza, tra la fine dell’800 e i primi del ‘900, dopo aver pesato i suoi pazienti, prima e subito dopo la morte?
Egli sosteneva inoltre che nell’istante stesso della morte l'anima dovrebbe agitarsi per poter uscire dalle ossa del cranio e quindi essere indicata come una macchia più chiara nella radiografia delle stesse.
MagDougall sosteneva anche che l'anima delle persone morenti avrebbe una luce simile a quella dell'etere interstellare e che analoghi esperimenti sui cani non avevano dato risultati. E che i cani, quindi, non avevano un’anima.

Bè, se dice che i cani non hanno un’anima, la sua teoria non è poi così credibile…


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