“Sono nato in Unione Sovietica e ho creduto sinceramente nelle idee e negli ideali di quei tempi. Oggi sono considerati un errore storico. Ora la Russia ha un sistema sociale direttamente opposto a quello in cui io, come artista, sono cresciuto. L'accettazione di un Premio di Stato sarebbe quindi per me uguale a una confessione dell’ipocrisia vissuta durante tutta la mia carriera artistica. Chiedo che voi possiate accogliere il mio rifiuto con la dovuta comprensione.”
Questo è ciò che Gely Korzhev uno dei pilastri dell'arte sovietica post-bellica, forse il maggior esponente del realismo socialista, scrisse in una lettera aperta per rifiutare un importante riconoscimento pubblico.
La sparizione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, ilcrollo del regime e di tutto quello in cui aveva creduto lo aveva infatti spinto ad abbandonare progressivamente “il reale” per raccontare un mondo pericoloso e “irreale” nel quale aveva finito per non riconoscersi più.
Lo popola di figure allegoriche che ci appaiono "mostri”, come li avrebbe chiamati Goya, rappresentazioni di una realtà deformata dal disagio, dal conformismo e dall'alienazione. Esseri grotteschi e disturbanti, che riflettono la crisi di una società che aveva promesso utopie e consegnato disillusioni, che aveva “cambiato pelle”, rinunciando ai propri ideali.
Il suo stile assume connotazioni espressioniste, con un uso audace del colore e una tecnica che sconfina nell'astrazione, offrendo una visione feroce della nuova Russia.
Incredibile che sia lo stesso autore di alcune delle opere più straordinarie della cultura sovietica del dopoguerra, uno dei più ferventi e convincenti interpreti di uno stile che voleva celebrare la forza del popolo sovietico, la sua resistenza, l’impegno ideologico che avrebbe un giorno permesso di cambiare il mondo. Ma Korzhev, ed è questa la sua straordinaria dote, non si limitò a essere un mero strumento di propaganda: la sua arte ha sempre mostrato una profonda comprensione e connessione umana, rendendolo uno degli artisti più influenti della sua generazione.
Un critico potrebbe scrivere: "Korzhev, anche in piena epoca staliniana, di cui accetta ed esalta la retorica, non dipinge solo persone; dipinge le loro battaglie, le loro paure, la loro tenacia, dando forma visiva all'esperienza collettiva di una nazione intera."È come se fosse risalito allo spirito iniziale del movimento, teorizzato nel 1934 dallo scrittore e drammaturgo Maksim Gor'kij.
Lo fa con uno stile pregno di conoscenza tecnica, ma soprattutto pathos, sia quando crea immagini/manifesto come il celeberrimo trittico "Comunisti" (Sollevando la bandiera 1958/9), che gli valse la prestigiosa Medaglia d’oro dell’Accademia delle Arti dell’URSS, o rappresenta lavoratori, cittadini comuni (Innamorati), reduci (segni della guerra). Taglia le immagini in modo magistrale, si concentra sui dettagli, coglie l’azione come il frame di una pellicola.
Conoscevo le sue opere solo attraverso per le pubblicazioni, ma dal vivo quando nel 2019 ho avuto l’opportunità di ammirarle alla Biennale di Venezia nell'esposizione curata dalla Ca' Foscari, ne rimasi folgorato. Per l’intensità, per i campi cromatici ampi e potenti, ma anche per le dimensioni delle tele che trasformano ogni momento in una straordinaria pala d’altare, dimostrando come la sua arte abbia attraversato i confini nazionali e dialogato con questioni universali. È una pittura materica, vibrante, ricca di livelli percettivi. che trasmette emozioni e valori.
Nato a Mosca il 7 luglio 1925, da una famiglia di architetti e di docenti si appassiona al disegno e viene ammesso alla Scuola superiore d'arte. Allo scoppio del conflitto deve interrompere gli studi e può diplomarsi solo nel 1944.
Entra successivamente all'Istituto d'arte di Mosca, dove diventerà l‘allievo prediletto del famoso pittore Aleksandr Gerasimov. Grazie alla sua intercessione negli anni ’50 ottiene la cattedra alla Scuola d’arte industriale di Mosca, oggi nota come Accademia Stroganov ed entra a far parte dell'Unione degli Artisti dell'URSS.
Da quel momento sarà un succedersi di successi e riconoscimenti.
Partecipa alla Biennale di Venezia del 1962 e può permettersi di viaggiare in Europa e negli Stati Uniti, ma tutto, alla fine si riduce a poco più di un ventennio.
Il processo di “destalinizzazione”, iniziato da Nikita Krusciov, porta a un cambiamento di rotta che Gely si rifiuta di accettare
Negli anni '80, deluso dalla situazione politica si ritira dalla vita pubblica, preferendo vivere circondato dalla famiglia e da pochi amici, continuando a dipingere il proprio inferno.
Nonostante il ritiro, e il suo approccio critico, il suo contributo all'arte e alla cultura russa viene riconosciuto nel 2003 con l’assegnazione del Premio Sholokhov.
Gely Korzhev muore il 27 agosto 2012 a Mosca. Nel 2013, l'Istituto d'arte russa gli dedicherà una mostra retrospettiva, celebrando il suo legato come uno dei pilastri dell'arte sovietica del XX secolo. Perché, come venne scritto nella motivazione: “le sue opere ci costringono a confrontarci con la nostra propria storia e i nostri demoni personali, esplorando temi di alienazione e identità con un realismo crudo che è raro e necessario."