UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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sabato 23 febbraio 2019

EMIDIO ANTOCI, IL SIGNORE DELLE BAMBOLE

Sino a una quindicina di anni fa, sopra al ristorante Carlo Menta, nello slargo di Via della Lungaretta a Trastevere, c’era un’installazione  straordinaria, ben nota a noi romani, e dal palazzo cinquecentesco, dal secondo piano, dalle finestre, grondavano bambole e pupazzi. Chi ci abitava? Perché? Mistero... Dissolvenza.

Emidio Antoci



Assolvenza. Nel 2004, mentre mi aggiravo famelico a Porta Portese cercando arte (ma direi più che altro me stesso), mi fermai davanti a un personaggio che dire bizzarro è dire poco. Avrà avuto una settantina d’anni, indossava una mantella nera, un cappello a larghe falde con una piuma e un panciotto verde smeraldo.

In mano aveva un quadro, me lo mostra e mi fa: “L’ho comprato, ma ‘nvedi quant’è brutto!” E di rimando, alla mia faccia perplessa, continuava: “Il brutto è bello. Pensaci. E io me lo guardo, quasi sempre ci ridipingo sopra, ma nulla è mai scontato. A volte li tengo così…” Continuando a chiacchierare mi ritrovo alla fine sotto a quella finestra, da me sempre sbirciata, quando lui mi fa, indicando le bambole: “Ti va di salire? Ti faccio vedere casa mia…”
Ho pensato che, appena mi giravo, mi avrebbe potuto uccidermi e nutrirsi dei miei fegatini. Ma le storie vanno vissute. Entrai.


Emidio Antoci, ritratto di Alfredo Accatino, 2004


Salgo così nell’antro del maestro Emidio Antoci, la “casa delle bambole”. Una serie di stanze totalmente coperte di graffiti, disegni, frasi, macchie di colore. Così fitti i graffiti da lasciare a bocca aperta, mentre dovunque è coperto di carte, cartacce, giornali, pezzi di stoffa, bambole, gessetti, fili di corda, ombrelli, ceste con rotoli di carta, scatole, scatolette…  
Lo studio di Bacon è un luogo ordinato. E’ la tana di un accumulatore seriale o di un artista fuori di senno,  che come lui, è passato anche dal manicomio, dopo grandi dolori. Ogni tanto emerge un olio di antica fattura, e lui parla…parla….

C’è anche un cagnetto meticcio che a un certo punto si infila sotto a un letto scondinzolando (solo ora capisco che era il letto). Allora Antoci, lo prende per la coda e lo estrae. Ed estrae, con lui, anche una torta ormai completamente verde: “Una torta…vecchia…!” fa, e si mette a ridere, lanciandola in una scatola.

Racconta di sé, dei suo zii, di una famiglia di pittori come Sandro Vangelli e Antonio Vangelli, e del nonno Emidio Vangelli De Cresci.

Parla inglese, dice che è nobile, che ha un castello, che sua moglie era svedese o danese (ma è vero, il suo grande amore scomparso prematuramente), e che è vissuto a Copenhagen (vero). Una famiglia la sua talmente da pubblicità da essere utilizzata proprio per campagne pubblicitarie.
 Poi fa  vedere un disegno antico, e dice “sai di chi è?” Lo ha fatto lui stesso in stile antico, da falsario, e ride… Lui è un figurativo, un po’ impressionista, degno erede dei Vangelli. Sono pittori, sia lui che il fratello minore Giovanni Antoci (Roma, 1947-2019), altro personaggio mitico romano. Talentuoso e bizzarri, indimenticabili che creano guazzi e ci giocano sopra.
Emidio Antoci, nato il 5 Luglio 1929 a Roma è morto nel 2013. Mi fece il ritratto che vedete sulla pagina, mi regalò dei disegni. Per sdebitarmi scesi a comprare una torta nuova.
E gli lo feci io a lui un ritratto sul muro, che qualcuno oggi avrà rimbiancato. Peccato aver perso quel mondo, quelle pareti, lo sguardo di Emidio.





Giovanni Antoci



Giovanni Antoci, Gita al Pincio, 2006 gouache

Questo un film di 30' fatto su di lui. https://vimeo.com/27030282

Emidio Antoci was a swinging painter in 60's and 70's Rome. He and his wife played extras together in many classic Italian films. Alongside their children, they portrayed the picture-perfect Italian family in print ads, TV commercials and clothing catalogs. When Emidio’s wife suddenly died in 1990, he checked himself into a psychiatric ward for a broken heart. After spending almost ten years locked away, he stepped out into the world to live wildly and evermore devoted to his wife and the memory of their love.
Directed by Adrian Briscoe 2006

7 commenti:

  1. bellissimo reportage dalle terre troppo vicine per esser note, grazie alberto abruzzese

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  2. Emidio, grazie delle tue bambole. Alfredo, grazie di avercelo narrato.

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  3. Io conoscevo Emidio, avrò parlato con lui poche volte ma lo incontravo spesso a Trastevere dove anch’io vivo. Era una bella persona, bastava giusto superare l’impresessione data dal suo aspetto di artista bohémien, anche perché era veramente un artista. Era sempre in giro, in piazza S.Maria, al bar a S.Calisto, alle poste, aveva sempre con se un blocco per schizzi e ritraeva le persone con gesti frenetici, se il soggetto non poteva fermarsi lui finiva ugualmente il disegno. Quando non ho visto più le bambole appese fuori dalla sua finestra ho capito che era morto.

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  4. GRAZIE DEL TUO BELLISSIMO INTERVENTO.L 'HO CONOSCIUTO ERA BIZZARRO ,MA UN POETA VERO.AVEVA UNA MOGLIE BELLISSIMA.LA SUA MORTE PREMATURA ,HA SICURAMENTE ,MINATO LA SUA MENTE.AMAVA ALLA FOLLIA QUESTA BELLISSIMA DONNA.GRAZIE DI AVERLO RICORDATO.

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  5. Ho avuto l'onore e il privilegio di stargli vicino nel momento più buio della sua vita. Un vero Maestro. Mi ha insegnato a percepire la vita, i colori, le persone, le situazioni in modo non convenzionale, ispirati da un energia creativa e rivoluzionaria. Un uomo straordinario.

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  6. Che Emidio riposi in pace accanto alla sua Gitte, a Prima Porta. Ho conosciuto il pittore di Trastevere nel 1998 (oltre a buona parte della sua famiglia) e dopo avermi battezzato Fabian, sapendo il mio veno nome cioè Fabio, ha ispirato il titolo di una mia canzone e conosciuto la prima moglie che ho avuto, l'iraniana madre di nostro figlio. Roma la Bella soleva nominare la città il Nostro quando conversava con turisti stranieri per la via. Che Follia coerente! E quante foto che stampava dei numerosi rullini. Basterebbe una mostra con esposizione di quelle foto per scoprire tutta l'Umanità incontrata da Emidio Antoci.

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