E’ il 1930, Carlo Provera detto “Tanta Sa” in omaggio
al suo ingegno e alla sua cultura, ha tutto pronto. Dopo quasi 10 anni la Cappella
è finita, la cassa di legno a forma di sedia pure. Si veste di tutto punto e si
suicida con il gas.
Siamo a San Salvatore Monferrato in Piemonte, città
dalla quale viene la mia famiglia, e deve essere quelle il ramo di follia
egotica che mi ha contagiato. E questa è la storia un personaggio bizzarro, mastellaio,
bottaio e oste, figlio del positivismo, e che di fatto chiude un’epoca.
La cappella, restaurata nel cimitero nel 1997 ha una
struttura singolare. E’ costellata di busti, decorazioni
in ferro battuto, simboli,
stendardi, lapidi con iscrizioni poetiche che
ospita al
centro un singolare sarcofago di cemento, dove è
ancora lì, seduto. Da solo, per sua espressa richiesta, anche se sono presenti i busti della madre,
della moglie, della sorella e del nipote,
che fece seppellire da tutta altra parte.
Perché l’aldilà non esiste, ma non si sa mai...
Perché l’aldilà non esiste, ma non si sa mai...
L'episodio fa ricordare la morte di Roberto Ardigò il grande filosofo positivista che morì suicida all'età di 92 anni nella sua casa mantovana, abitazione che era stata di Ippolito Nievo, a causa della ferita che si era autoinflitto il 20 agosto del 1920 colpendosi con una roncola arrugginita alla gola. Le testimonianze dell'epoca riferiscono che venne trovato seduto alla scrivania, con la barba bianca intrisa di sangue (barba che gli fu tagliata dai soccorritori ed è tuttora conservata come cimelio nella sala blindata della Biblioteca di Mantova). Soccorso dai medici, perse comunque conoscenza dopo aver ribadito le sue intenzioni, e morì due settimane dopo, il 15 settembre.