Imre Goth (1893-1982) pittore ungherese, ebreo, ottenne all’inizio degli anni ’30 un notevole successo anche in Germania per la
sua capacità tecnica, per molti versi vicina alla Nuova Oggettività, tanto da venire pubblicato con una serie di suoi
lavori di ritratto sulle riviste più alla moda. Uno stile elegante che porta i corpi a
stagliarsi sullo sfondo, secondo una tecnica sviluppata anche in quegli anni da
Donghi e da Cagnaccio di San Pietro.
Queste pubblicazioni glamour finirono nel 1934 tra le mani di Herman Goering, luogotenente di Hitler, che voleva donare un ritratto alla sua amica del
momento e che chiese di incontrare il pittore. Scoprirono subito una comune passione per
l’aeronautica (Goering era stato un asso dell'aviazione) che creò, almeno all’inizio, un clima cordiale. Tanto che subito
dopo Goering gli chiese addirittura il proprio ritratto, un grande onore al tempo. Ma è qui che cominciano i guai.
Imre dipinge quello che vede. Un uomo corpulento e
precocemente anziano, con occhi gelidi e annacquati, nei quali nuotano 2
pupille grande come spilli, che rivelano inequivocabilmente la dipendenza dalla morfina,
acquisita durante la prima guerra mondiale, che Herman si inietta regolarmente con la sua siringa d'oro.
Una dipendenza da droghe, soprattutto metanfetamine, che caratterizzò tutto il Reich (oggi oggetto di nuove ricerche) che divenne poi inarrestabile durante la guerra, quando l'esercito iniziò a distribuire ai combattenti milioni di pasticche.
Quando, una volta finito il lavoro, Imre mostrò la tela, Goering si infuriò e chiese immediatamente di modificare il dipinto così diverso dalla retoria ufficiale, è così spietato, e tale da rivelare la sua debolezza. ottenendo,
incredibilmente il rifiuto del pittore.
Lui diceva, semplicemente, che non era possibile.
Lui dipingeva ciò che vedeva e
che non avrebbe mai potuto tradire la propria etica. L'incontro finì quasi in rissa.
Imre ne rimase sconvolto. Si rese conto però che stava rischiando troppo, e temendo per la sua
stessa vita, scappò poco dopo dal Paese portandosi dietro il dipinto, del quale si
perse traccia.
Dopo essere stato internato in un campo di
prigionia dell’Isola di Man per cittadini stranieri (luogo comunque terribile) la tenne infatti coperta
in casa, in Inghilterra, per 30 anni, per poi affidarla a un sua amica con la
richiesta di distruggerla dopo la sua morte, avvenuta nel 1982 a 89 anni.
Cosa che l’affidataria non fece.
La tela riemerge così nei primi anni 2000 e viene
messa in vendita nel 2011 con un prezzo di riserva di 8000 sterline. Tre anni
dopo il prezzo è salito a 70,000 euro, prima che se ne perdesse nuovamente
traccia.
La pubblicazione recente degli inventari della collezione di Hermann Goering non solo ha evidenziato e quantificato la voracità inesausta (e incontrollata) di opere d’arte del gerarca nazista, suicida dopo la condanna a morte di Norimberga: il Catalogo elenca 1.376 dipinti, 250 sculture e 168 arazzi, ma anche nomi e cognomi dei venditori e derubati. Solo una opera su 12 risulta acquistata.