”…levarsi al primo fiorire del giorno per lanciare
uno sguardo furtivo agli acquerelli fatti il giorno prima,
o persino poche ore prima, come lo sguardo furtivo
lanciato all’amata immersa nel sonno…”
Dalle tue pulsioni, non scappi. Henry Miller, scrittore americano, famoso autore dei “Tropici”, “Tropico del Cancro” e “Tropico del Capricorno”, scritti combinando insieme spunti autobiografici, critica sociale e riflessioni filosofiche e usando un genere di scrittura di stampo surrealista, è stato anche pittore, sin dagli anni ’20. E non sanno che per molti versi egli amava la pittura quasi più della scrittura, anche se i risultati sono ovviamente a favore della prima. Anche se i suoi dipinti, e non potrebbe essere altrimenti, sono pregni di riferimenti e significati.
Eppure scriveva: “Per un'inesplicabile ragione non mi sono mai sentito in diritto di concedere alla pittura il tempo che essa reclamava. Preferisco cavarmela dicendo che non sono un pittore. A malapena oso chiamarmi un dilettante. Eppure dipingo. E ogni tanto produco qualcosa che potrebbe chiamarsi quadro. Forse questa mia attitudine ambivalente si spiega col fatto che mi metto a dipingere quando non posso più scrivere. Però non sempre è così. (...) I soli artisti ai quali cedo sempre il passo sono i bambini. Per me i quadri dei bambini stanno alla pari con i capolavori dei grandi. L'opera di un bambino non mancherà mai di affascinare, perché è sempre onesta e sincera, sempre imbevuta di quella magica certezza sgorgata dalla spontanea, diretta conoscenza delle cose, e dall'amore: infatti dipingere è amare”.
Wikipedia italiana neanche cita quasi questa sua passione. Nella quale mischia un po’ di scuola di Parigi, dove vive per un lungo periodo, e la pittura americana degli anni modernisti e "coloristi". In qualche modo imperscrutabile, sembra addirittura presagire le opere e il segno onrico di Basquiat.
Eppure scriveva: “Per un'inesplicabile ragione non mi sono mai sentito in diritto di concedere alla pittura il tempo che essa reclamava. Preferisco cavarmela dicendo che non sono un pittore. A malapena oso chiamarmi un dilettante. Eppure dipingo. E ogni tanto produco qualcosa che potrebbe chiamarsi quadro. Forse questa mia attitudine ambivalente si spiega col fatto che mi metto a dipingere quando non posso più scrivere. Però non sempre è così. (...) I soli artisti ai quali cedo sempre il passo sono i bambini. Per me i quadri dei bambini stanno alla pari con i capolavori dei grandi. L'opera di un bambino non mancherà mai di affascinare, perché è sempre onesta e sincera, sempre imbevuta di quella magica certezza sgorgata dalla spontanea, diretta conoscenza delle cose, e dall'amore: infatti dipingere è amare”.
Wikipedia italiana neanche cita quasi questa sua passione. Nella quale mischia un po’ di scuola di Parigi, dove vive per un lungo periodo, e la pittura americana degli anni modernisti e "coloristi". In qualche modo imperscrutabile, sembra addirittura presagire le opere e il segno onrico di Basquiat.
Avrà 4 figli da 3 donne diverse. Nato a New York, a Manhattan, trascorre gli ultimi anni a Pacific Palisades, vicino a Los Angeles, dove passa gli ultimi anni in una casa difficile da raggiungere trascinando un carretto con la spesa nonostante l'età avanzata e rifiutando l'automobile. Sarà cremato e le sue ceneri, sparse al vento.
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