Beato colui che cerca la bellezza in ciò che non c'è
Camille Pissarro
Questa
storia finisce male, e non è piena di colpi di scena, ma mi ha colpito per la
sua semplicità e linearità. Perché non tutte le vite sono materia da romanzo, e
anche questo è un altro aspetto dei Perdenti.
Gustav
Wunderwald nasce a Colonia nel distretto di Kalk nel 1882. Suo padre
è un armiere, potrebbe continuare la tradizione di famiglia, ma preferisce fare
l’apprendista presso il maestro Wilhelm Kuhn. Nel 1900 inizia a lavorare come
scenografo e pittore, prima nella sua città, poi sotto il professor Max
Bruckner a Gotha e nel 1904 a Charlottenburg per la premiata ditta Georg
Hartwig & Co. La pittura “commerciale” e “professionale” è ancora molto
richiesta, per decorazioni, insegne, scenografie, decor. Tanto che una volta
finito l’apprendistato, inizia a collaborare con reperti scenotecnici di molti teatri europei, tra cui l'Opera Reale di Stoccolma e lo Stadttheater
di Innsbruck. Entra quindi nel Comitato esecutivo del Teatro di Düsseldorf
sotto la guida di Louise Dumont e Gustav Lindemann. E’ forse il momento più
felice della sua vita. Incontra quello che diventerà il suo migliore amico, lo
scrittore e drammaturgo Wilhelm Schmidtbonn, organizza la sua prima esposizione
presso la libreria Landsberg e conosce e si innmanora di Amalie Minna Gerull,
che sposerà nel 1908.
Lavora quindi come pittore
decorativo alla Deutsche Oper di Berlino a Charlottenburg fino al 1915, quando
viene chiamato alle armi e inviato sul fronte macedone.
Dopo la
prima guerra mondiale torna e si stabilisce a Berlino, città nella quale espone
ancora, e con la quale nascerà un feeling e un rapporto particolare. E' come
una folgorazione.
Gustav cercherà
di raccontarla in tutti i suoi aspetti, anticipando in alcuni casi la cultura
pop americana e le forme espressive della nuova
oggettività (in tedesco Neue
Sachlichkeit) movimento a cui viene spesso accostato. Casermoni, ponti,
sottopassi, ferriovie, parchi, orti di guerra, zone rurali periferiche.
Paesaggi deserti o nel quale le figure umano rappresentano presenza casuali e
insignificanti. Gli piace valorizzare le grandi insegne pubblicitarie su ponti
e palazzi, le insegne. Con una particolare attenzione agli scorci più tristi e
malinconici della vita urbana di Prenzlauer Berg, Spandau, e dei
quartieri a nord di Mitte. Quelli che non piacciono
alla borghesia prima e alla politica dopo se non al momento delle elezioni.
Oppure che piacciono sotto il profilo romantico estetico, ma nei quali non
vivrebbero mai. Lui stesso scrive: "Le cose più tristi mi colpiscono direttamente allo stomaco. Moabit e
Wedding mi coinvolgono con la loro oscurità e desolazione." (1926).
Non lo considero un grande pittore nel senso tecnico del termine, ma una
visionario della sua contemporaneità.
Nel 1927, in occasione della
mostra collettiva "Il volto di
Berlino 1926" presso la galleria Neumann & Nierendorf, il critico
d'arte Paolo Westheim gli dedica un saggio monografico nel numero di gennaio
del Art Journal, nel quale lo
definisce come “ l’Utrillo di Berlino” cosa che, ovviamente, lo fa gongolare.
Quando il nazismo va al potere, Gustav Wunderwald che non è ancora annoverato tra gli artisti maledetti, e che non è in vista - è solo un povero decoratore da teatro, un signor nessuno - ma che ama dipingere un mondo fatiscente non può essere accettato dal potere. Lui stesso non intende divenire complice del regime, decide di non mostrare più il suo lavoro in pubblico, ma dopo il 1934 gli viene anche vietato di vendere e mostrare le sue opere.
Sceglie
così di guadagnarsi da vivere colorando film pubblicitari per Ufa e Film Marte.
Un lavoro nel quale la creatività e l’identità si annulla e si diventa solo
“l’omino dei colori” che lavora sul rodoide, utilizzando la tecnica dei cartoni
animati.
Nel 1941
muore sua moglie Minna Amalie Gerull, dopo
pochi mesi si risposa con Berta Ludwig. C’è
troppo dolore in giro per soffermarsi sul proprio.
L'incubo
alla fine si dissolve, tra le macerie. Berlino fu oggetto dei bombardamenti
realizzati mediante il maximum use of
fire, tempeste di fuoco bombe dirompenti che penetravano nel sottosuolo e
servivano a distruggere le condotture dell'acqua per impedire ai pompieri di
poter spengere gli incendi, ma che di fatto, portarono a una emergenza sete
l’intera popolazione.
Alla fine
della guerra, quando ha deciso di riprendere la sua carriera ufficiale di
pittore, Gustav muore per aver bevuto acqua avvelenata a Berlino, il 24 giugno
del 1945.
Nello
stesso giorno sulla Piazza Rossa si celebrò la Parata della Vittoria, e 200
bandiere tedesche catturate sul fronte venirono trascinate per la città in atto
di sfregio, e poi accatastate davanti al Mausoleo di Lenin e bruciate. Con esse
anche i guanti che avevano portato le bandiere sulla piazza per sottolineare il
disprezzo per il nemico.
Di lui
restano 181 opere.