UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


Seguiteci anche ogni mese su ARTeDOSSIER
https://www.facebook.com/museoimmaginario.museoimmaginario

https://www.facebook.com/Il-Museo-Immaginario-di-Allfredo-Accatino-487467594604391/




venerdì 26 aprile 2013

SAUL STEINBERG: LA VITA E' UNA MASCHERA


Saul Steinberg. Nose Mask Photo by Irving Penn. New York, 1966

Pochi artisti del ‘900 sono stati celebrati in vita e dimenticati solo pochi anni dopo la loro morte, pur riconoscendo a loro una qualità nettamente al di sopra della media. E’ questo il caso di Saul Steinberg (Râmnicu Sărat, 15 giugno 1914 – New York, 12 maggio 1999), rumeno di nascita (come Brancusi), americano per scelta.

Cresciuto in una famiglia della media borghesia ebraica, Saul Steinberg passò la giovinezza in Romania, che ricordò sempre come "un paese in maschera", fino a cominciare gli studi universitari in filosofia a Bucarest. Nel 1933 partì per Milano, dove si laureò in architettura al Politecnico, pubblicando vignette umoristiche sulla rivista satirica Bertoldo.
Il periodo italiano lasciò un segno importante nella vita di Steinberg, che per tutta la vita mantenne contatti con artisti e intellettuali italiani, tornando più volte a lavorare in Italia. Nel 1940, a causa delle leggi razziali, fu costretto a lasciare l'Italia per gli Stati Uniti, dove cominciò a lavorare per il New Yorker. Fu l'inizio di un sodalizio fruttuoso (642 illustrazioni e 85 copertine), durato per quasi sessant'anni.

Inge Morath - la serie di scatti che la resero celebre

Nel 1958 la fotografa austriaca Inge Morath si recò a casa di Steinberg a New York per realizzare un ritratto dell'artista, che la accolse indossando una delle sue maschere di cartone. Nacquero così, im maniera del tutto casuale i primi scatti di questa straordinaria sequenza.
In seguito i due collaborarono per sette anni a ritratti fotografici, singoli o di gruppo, in cui i soggetti posavano con le maschere di Steinberg.
Steinberg partiva dall' idea, centrale nella sua arte, secondo cui ognuno di noi indossa una maschera reale o metaforica. Questa ne è la sua controprova.



«Il disegno come esperienza e occupazione letteraria mi libera dal bisogno di parlare e di scrivere. Lo scrivere è un mestiere talmente orribile, talmente difficile... Anche la pittura e la scultura sono altrettanto difficili e complicate e per me sarebbero una perdita di tempo. C'è nella pittura e nella scultura un compiacimento, un narcisismo, un modo di perdere tempo attraverso un piacere che evita la vera essenza delle cose, l'idea pura; mentre il disegno è la più rigorosa, la meno narcisistica delle espressioni. »

(Saul Steinberg, intervista di Sergio Zavoli, 1967)


1 commento: