No. Non la conoscevo. E mi è
capitato per caso, surfando in rete, di scoprire una sua gouache ambigua e
coinvolgente. Quella pittura intrigante, che ti si siede accanto, ti parla
all’orecchio e ti comunica cose non banali.
Cliccando sul nome
dell’autrice, mi sono poi apparse, una dopo l’altra, immagini sempre inedite
per inquadrature, taglio, stile. Donne eteree ed eleganti, tra modernismo e
liberty, dallo sguardo profondo, sempre un po’ in tralice, dagli occhi bistrati.
Alternate a sequenze di pornografia esplicita, pur venata di quel filo di art
nouveau, che sa rendere romantico anche un gang bang.
Ho fatto cosi la conoscenza di Gerda Wegener, danese di nascita, francese di famiglia, nata nel 1889, capace di esporre al Salone d'Autunno e al Salone degli Indipendenti, divenendo apprezzata collaboratrice di riviste come Vogue, La Vie Parisienne, Rire, La Baïonnette. Prima di morire triste, povera e sola nel 1940, dopo aver seguito in Marocco il secondo marito, l’italiano Fernando Porta, in una fallimentare e velleitaria spedizione culturale che sognava di aprire un atelier d'arte nella Medina di Marrakesh. Operazione improbabile, decisamente cool per i tempi.
Ma la storia, non è questa…
Scopro, infatti, scorrendo le
biografie in francese, che il suo primo marito, Einar Wegener, artista di
talento, avrebbe sacrificato la propria carriera per aiutare la giovane moglie
a realizzare la propria, sino a percorrere lui stesso strade mai esplorate.
Non solo la consiglia, la
accudisce, gestisce per lei le faccende di casa, ma inizia a vestirsi da donna,
nel segreto della casa, trasformandosi poco a poco nella modella preferita
dalla moglie. Che, a sua volta, gli insegna l’arte del trucco, e che va
personalmente a comprargli le mise che intende rappresentare.
Il gioco delle parti, evidentemente, prende un po’ la mano.
Gerda, che nel frattempo è divenuta lesbica e musa artistica dell’amore saffico, non solo condivide la scelta del marito, ma lo sosterrà sino in fondo, quando lui arriverà a ipotizza una cosa sino ad allora impensabile: diventare donna, a tutti gli effetti.
Il tribunale danese, che riceve la domanda, a sorpresa, la accetta, dimostrando una modernità che oggi sorprende.
Ma questo non basta. Einar decide
di sottoporsi, primo uomo nella storia, ad un’operazione di cambio del sesso.
Un "taglio con il
passato", che avviene nel 1930, grazie alla prima operazione registrata di
vaginoplastica, che susciterà l’interesse morboso dei giornali del tempo.
Cambia il proprio nome in
quello di Lili Elbe, e di fatto, l’operazione porta alla fine della loro storia
d'amore e allo scioglimento del matrimonio con Gerda, con un divorzio che verrà
sancito per editto da Re Gustavo.
Neanche Lili avrà, però, una
storia a lieto fine. La chirurgia è agli inizi e ancora in fase sperimentale, i
trattamenti sono dolorosi e invasivi.
In poco più di un anno si
sottopone a 5 operazioni, e nel 1931, muore per uno stato infettivo. Secondo la
leggenda, causato dal rigetto avvenuto durante il trapianto di utero, da lui
voluto per cercare di rimanere incinta.
Era quindi lui, ognuna di quelle donne dallo sguardo provocante e pensoso che tanto mi avevano intrigato?
Sicuramente sì, come dimostra
il suo ultimo ritratto scosciato e la foto in b/n del classico
"prima" e "dopo" pubblicata con grande scandalo sui
giornali dell'epoca.
Ma era solo questo il segreto
dell’arte erotica di Gerda, capace di fermare con un colpo di pennello un
battito di ciglia?
Non lo so. Ma è alla luce di
una storia che sembra uscita da un best seller che mi piace presentarvi Gerda
W. E suo marito Einar, Lili, Elbe.
Perché l’amore trionfa
sempre. Ma qualche volta fa un sacco di pasticci.
A proposito. Nel 2015 il film “The Danish Girl” di Tom Hooper, per raccontare questa storia, che forse per primo, alcuni anni fa, raccontai in Italia. Amen.
L'ultimo ritratto del marito Einar Wegener prima dell'operazione di cambio sesso. |