UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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domenica 9 gennaio 2011

QUANDO GLI OGGETTI SI INCONTRANO IN UN QUADRO.


L'arte polimaterica non è una tecnica ma – come la pittura e la scultura – un mezzo di espressione artistica…”  
(Enrico Prampolini, "Arte Polimaterica" - Roma 1944).

Kurt Schwitters

Limbswish, ca. 1917-1918. Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven
Wunderkammer, XVIII sec.

Lo puoi chiamare "polimaterico". Lo puoi chiamare "assemblage". Qualcuno le ha chiamate "aggregazioni". Ma è soprattutto un'incontro improbabile tra oggetti, materie e materiali. Tra cose che nel mondo reale forse non si sarebbero mai incontrate, nate per diventare parte del mondo tridimensionale, che poi finiscono per ritrovarsi in una nuova dimensione ad un solo orizzonte. In un luogo dove vernice, sabbia, rafia, legno, metallo e materiali plastici finiscono per trasformarsi in una sola cosa. E a dare vita a cose che nel mondo reale non esisterebbero proprio.

Claude Cahun, Object, 1936

Enrico Prampolini anni'30


C'è stato un inizio? Sì, forse in qualche wunderkammer settecentesca (stanza delle meraviglie)  dove in una scatola con una parete di vetro potevano dialogare tra loro conchiglie e scheletri di salamandra  (una stanza così, ad Amsterdam la aveva anche Rembrandt).

Ma è nel '900 che rinasce con il DADA (Kurt Schwitters, Marcel Duchamp, Johannes Baader), con il cubismo (Georges Braque, Pablo Picasso), nella Bahuhaus. Ne diviene un sofisticato produttore Enrico Prampolini negli anni '30 e in senso lato il cubofuturismo russo.

Johannes Baader, DADA BAUHUAS
Man Ray (Emmanuel Radnitzky), "Indestructible  Object (or Object to Be Destroyed),"
1964 (replica of 1923 original)

 Wilhelm Freddie, Sex-paralyseappeal, 1936
Lo adotta Man Ray e, infine, lo adotta Dubuffet (al quale si deve il nome di assemblage, utilizzato per una serie di collage di ali di farfalla titolate Assemblages d'Empreintes 1955 c.a).
Dubuffet, assemblage 1955

Nel 1961 l'esposizione The Art of Assemblage al Museum of Modern Art di New York ne sancisce l'effettiva consacrazione unendo tendenze e opere di Braque, Joseph Cornell, Dubuffet, Marcel Duchamp, Picasso, Robert Rauschenberg (che lo porta nella pop art americana), Man Ray e Kurt Schwitters. William C. Seitz, curatore della mostra, descrisse questa tecnica come "...un qualcosa di improntato sulla ricerca di materiali ed oggetti naturali o fabbricati ovvero non intesi comunemente come strumenti artistici".



Enrico Accatino, 1947





In Italia, dopo le bordate futuriste, a partire dagli anni '50 lo utilizzeranno gli italiani Baj, Roberto Crippa, Enrico Accatino. Robert Rauschemberg lo porterà nella pop art a mericana.

Una tecnica che diventerà, infine la bandiera del francese Arman (accumulazioni) e dell'apolide Daniel Spoerri  con le sue straordinarie tavole apparecchiate.

Robert Rauschenberg

Daniel Spoerri. tavola apparecchiata

L'assemblage attraversa quindi tutto il secolo. Non sembra nè fermarsi, nè esaurirsi. Ma rimane un genere a se stante. Quasi un ragionamento che alcuni artisti si trovano a fare con se stessi. Un'emozione per pochi.  
Perché se un assemblage è bello, comunica. E' come un segreto svelato

Eileen Agar, Angel of Anarchy, 1936
Hartmann Dada Bauhaus 1930 c.a.
Roberto Crippa, fine anni '60
Baj, multiplo, edizione Renault, 1978


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