UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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domenica 24 maggio 2020

GIULIO CERALDI STA COSTRUENDO IL SUO TEMPIO. QUAL E’ IL VOSTRO?

I miei genitori sono morti anni fa. Poi, ho venduto l'appartamento. Quando passo lì sotto guardo la luce della cucina, accesa, di sera. E il ricordo si trasforma in suoni e odori. Non credo di essere più credente. Forse solo qualche dubbio. Ma una certezza la ho. Il mio tempio è una luce al quinto piano.

Ognuno ha così il diritto di costruire i propri dei e codificare la propria religione. Io fare un tempio per gli antenati a cui lasciare piccoli offerte e una candela accesa. Qual'è il vostro?
Giulio Ceraldi sta delineando il proprio, credo sotto forma di una grande pala d’altare, 30 icone, due grandi tavole, con una cosmogonia di cui non comprendo il significato, ma che trovo affascinante. Piegando la lamiera come un fabbro medievale, anche se alcuni tratti richiamo il segno di Cucchi e Clemente,
E’ un lavoro in divenire, che il CoronaV ha fermato al debutto, costringendolo a rimandare il vernissage romano da lungo tempo preparato. Sarà lui, il Ceraldi, a raccontarne il significato della sua nuova e laboriosa opera, quando e come vedrà. Con un libro in uscita.
Tranquilli, nessuno spoiler.
Non mostrerò quindi il totale, ma solo alcuni suoi frammenti, quelli che potrebbero trovare studiosi fra qualche migliaio di anni, interrogandosi su chi eravamo. E in che cavolo credevamo.
 


Giulio Ceraldi (1948), campano, è pittore e scenografo teatrale queste le note biografiche ufficiali.
Si forma all’Istituto d’Arte Filippo Palizzi di Napoli, dove successivamente insegnerà discipline pittoriche. Inizia la sua attività espositiva nel 1972 presso la Galleria Mediterranea di Napoli. Partecipa alla X QUADRIENNALE – La nuova generazione, Roma 1975. Spinto dalla necessità di far evolvere il proprio linguaggio artistico, esce dalla dimensione individuale dello studio, a cui lo costringe la pittura e approda a quella corale del teatro. Nel 1979 si trasferisce a Roma. Collabora come pittore al progetto TRACCE di Antonio Neiwille e come attore ad alcuni suoi spettacoli teatrali negli anni 1989-92 . Realizza sculture ed oggetti di scena nello spettacolo teatrale I Persiani con scene e regia di Mario Martone al Teatro Greco di Siracusa 1990. Collabora come scenografo in alcuni spettacoli teatrali del regista Claudio Collovà. Insieme al musicista Marco Ariano organizza laboratori, stages, performans (1998-2002). Ha preso parte a mostre nazionali e internazionali e collaborato con il Museo delle Trame Mediterranee di Gibellina. Collabora da anni presso le  Officine Ouragan - compagnia di ricerca e sperimentazione teatrale - diretta da Claudio Collova.

Scenografia I Persiani, regia di Mario Martone 1990 - teatro greco di Siracusa

L’opera: No Humansa a Dune



sabato 9 maggio 2020

IN UN MONDO PICCOLO E FORSE PARALLELO. FRANK KUNERT.


Frank lavora con calma. In maniera analogica, ricostruendo con cura maniacale mondi immaginari, con la pazienza di un miniaturista. Crea modelli perfetti, vere e proprie sculture civili, poi le fotografa, sempre in maniera analogica, e non effettua correzioni digitali, creando una ulteriore barriera/diaframma tra l’occhio dello spettatore e la realtà apparente.

Un approccio surreale a un mondo privo di essere umani, realizzato solo per dettagli, che devi comprendere leggendo spesso con calma l’immagine. Un surrealismo del quotidiano che affascina e che permette ai suoi libri privi di parole, di essere venduti in tutto il mondo. Frank Kunert, classe 1963, è nato a Francoforte sul Meno e opera nella fotografia dal 1991 raggiungendo un successo internazionale con il volume “Small Worlds”.









Interessante è il fatto che i “Diorami” un'ambientazione in scala ridotta che ricrea scene di vario genere siano nati in Italia all’inizio del XIX sec., per opera del geologo e ornitologo Paolo Savi, e conservati presso il Museo di Storia Naturale e del Territorio di Calci (Pisa). Ma l'inventore più noto e accertato è invece stato un fotografo, e chi se non Louis Daguerre, che costruì i primi diorama moderni nel 1822-27, avvalendosi del pittore Hippolyte Sebron per gli sfondi e le ambientazioni sceniche. Così possiamo dire che siano nati insieme alla fotografia e ora si siano nuovamente incontrati.
daguerre diorama dinamico
Diorama di battuta di caccia al cinghiale, realizzato da Paolo Savi nel 1824, Museo di Storia Naturale e Calci.













venerdì 1 maggio 2020

OSCAR GHIGLIA. UN PITTORE GRANDE GRANDE.

“In Italia non c’è nulla, sono stato dappertutto. Non c’è pittura che valga. Sono stato a Venezia, negli studi. In Italia, c’è Ghiglia.C’è Oscar Ghiglia e basta”

Amedeo Modigliani, raccontato da Anselmo Bucci





Quindi c’è un grande artista che pochi citerebbero all'impronta, e che conoscono veramente.  Ma vi sfido a fare due cose: 1) googolare sulle sue immagini 2) vedere una sua opera dal vivo, per capire che è stato uno dei maestri del primo novecento, uno di quelli dotati del dono dell’inespresso, che riesce a distinguersi e a prevalere tra altre opere di genere, magari di medesimo soggetto.
Carezza i colori e con essi le figure e gli oggetti.

Oscar nasce a Livorno nel 1876, e nella sua città natale iniziò a frequentare l’ambiente artistico da autodidatta conoscendo Amedeo Modigliani, che evidentemente si stupì di quel talento naturale. Nel 1900 Ghiglia si trasferisce a Firenze, dove prese una stanza in affitto proprio insieme ad Amedeo, più vecchio di qualche anno di lui, e su consiglio di Giovanni Fattori, che insegnava all’Accademia di Belle Artifi, si iscrive alla Scuola Libera del Nudo.        Ma è anche l’amicizia con Modigliani, che rimarrà sempre in contatto con lui, a lasciare l’ambito provinciale e a scoprire l’arte europea di quegli anni. Nel 1901 esordisce alla Biennale di Venezia e ottiene un successo.

Grazie a queste relazioni avviene l’incontro con Ugo Ojetti, e con Gustavo Sforni, collezionista di Cézanne e Van Gogh, che divenne il mecenate di Ghiglia per molti anni - offrendogli un compenso annuale con cui si garantiva il diritto di prelazione su tutta la sua produzione che inizia a essere di qualità assoluta. Di fatto intuisce suggestioni molto lontane dal suo ambiente creando una decina di opere che considero, piccoli, capolavori, intimisti, caratterizzati da una pittura pastosa. Giovanni Papini coglie questa evoluzione stilistica, che porta il pittore a «rappresentare esteriormente non cose ed oggetti, ma una emozione, uno stato d’animo per mezzo di semplici e comuni figure». Per un lungo periodo Ghiglia abbandona l’attività espositiva e si ritira a Castiglioncello. Scrive Federico Poletti: “Sono anni in cui la ricerca di Ghiglia verte soprattutto intorno alla pittura d’interni e alle nature morte, composizioni in cui le forme, nitidamente scandite - secondo la lezione di Cézanne appaiono esaltate dall’uso di colori brillanti. Il progressivo allontanamento dal naturalismo post-macchiaiolo lo conduce verso quegli effetti di “iperrealismo” che ne fanno un precursore delle atmosfere immobili del “realismo magico”. Gli anni del Futurismo lo vedono appartato. La sua ultima partecipazione a una mostra fu in occasione della Seconda Quadriennale d’Arte Nazionale 1935. Muore nel 1945. Era padre di Paulo Ghiglia, e di Valentino Ghiglia, entrambi pittori.
Carissimo Ghiglia, 
... e questa volta rispondi, a meno che il peso degli allori non ti aggravi la penna. Leggo adesso nella Tribuna l'annunzio della tua accettazione a Venezia: Oscar Chiglia, Autoritratto. M'immagino quell'autoritratto di cui mi parlasti e a cui già pensavi da che eri a Livorno. Mi rallegro molto e molto sinceramente. Crederai che questa notizia mi ha scosso! lo son qua a Capri (un luogo delizioso, tra parentesi) a far la cura... E son quattro mesi adesso che non ho concluso niente, che accumulo materiali. Prestò andrò a Roma, poi a Venezia per l'Esposizione... faccio l'inglese. Ma verrà anche il momento di sistemarmi a Firenze probabilmente e di lavorare... ma nel buon senso della parola, vale a dire dedicarmi con fede (testa e corpo) a organizzare e a sviluppare tutte le impressioni, tutti i germi d'idee che ho raccolto in questa pace, come in un giardino mistico. Ma parliamo di te: ci siamo lasciati nel punto più critico del nostro sviluppo intellettuale e artistico e abbiamo camminato per due vie diverse. Vorrei ritrovarti adesso e parlarti. Non pigliare questa lettera come una congratulazione volgare, ma come testimonianza dell'interesse sincero che piglia per te l'amico. Modigliani





Ojetti nello studio

Ritratto di Llewelyn Lloyd


GIGLIA: VEDERE DAL RETRO

Isa Ghiglia alla toilette, o anche "Isa vista da dietro" 1910 c.a. 
è un quadro emblematico.


"Il soggetto "Donna allo specchio" aveva per lui una grande attrattiva e varie cose eseguì su questo motivo. Il ripetersi del soggetto non lo turbava, che sapeva dare ad ognuno nuove impronte di luce e di vita". (dal diario della moglie Isa.
Lei è vista da dietro seduta alla toilette e l'amore immutato dell'uomo porta l'artista a vederla ancora come la sua giovane sposa, ma lo specchio brutale ed inflessibile rimanda il volto di una donna segnata dal tempo. Il quadro è costruito con sapienti successioni di piani ed eccitanti accostamenti di forme, luci e colori. In primo piano risplende il panno di un rosso vinato percorso da luminose pieghe color di rosa. Dietro spicca la veste candida della donna, mentre la nuca bruna di lei contrasta con il vetro translucido ed i fiori del piccolo vaso. Su un piano ancora più arretrato si affaccia dallo specchio ... 
(Paolo Stefani, Oscar Ghiglia e il suo tempo).