UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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sabato 30 marzo 2013

GERALD MURPHY, DANDY, INVENTORE DELLA POP ART (artista Outsiders)


 “The true dandy was not the most foppishly dressed, the most stylish, the most flash-mannered; he was primarily an artist of talent
Gerald Murphy
 
Watch, 1925
 
Clery Gerald Murphy, nato a Boston nel 1888 da una famiglia di ricchi industriali, è universalmente conosciuto per essere stato uno dei dandy più famosi dei propri tempi, per gli eccessi, i fasti e le stravaganze che realizzerà in coppia con sua moglie Sara “in the roaring 20s”, divenendo fonte di ispirazione per i personaggi di Nicole e Dick Diver di Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald. E come inventore della Costa Azzurra come meta estiva, ombrellone compreso. Ah, dimenticavo, ha inventato la Pop Art.


Gerald Murphy, Ginny Pfeiffer, Cole Porter and Sara Murphy


Ci si è infatti dimenticati che sia stato, nella sua brevissima carriera di pittore, durata l’arco di un decennio, il vero precursore della Pop Art. Segno di un talento naturale, ma anche delle imperscrutabili vie dell'arte. Evidentemente le stesse che condussero Andy Warhol, quaranta anni dopo (quello che Gore Vidal definiva "l'unico genio con un quoziente di intelligenza di 60") a dare organicità e importanza internazionale al movimento.

Gerald era un esteta (oggi si direbbe anche un fancazzista), sin dalla giovanissima età refrattario alle regole, alla frequentazione di accademie e consigli di amministrazione. Evita di seguire il padre nella carriera degli affari e manca gli esami di ammissioni alla Yale University per ben 3 volte, divenendo però amico di una matricola, Cole Porter con il quale collaborerà per il musical di Yale.
Amico sin dall’infanzia della ricca ereditiera Sara Sherman Wiborg, di cinque anni più grandi di lui, cantante per hobby, ha con lei un’amicizia, sempre più intima che durerà per anni prima di trasformarsi in vero amore. Che, forse accompagna e tollera le sue divagazioni bisessuali, in una relazione che non è vista di buon occhio da entrambi i genitori.
Dopo il matrimonio, i due vanno a vivere nella 50 Street West 11th a New York City, e avranno tre figli. Nel 1921 per sfuggire alle restrizioni di New York e ai rimbrotti di insoddisfazione reciproca delle loro famiglie di origine, si trasferiscono a Parigi. Ed è a Parigi, in anni esaltanti di avanguardie artistiche, che Gerald scopre la pittura, e inizia a fare quelle conoscenze che consolideranno il suo mito. Studia pittura con Natalia Goncharova e suo marito Michael Larionov (mica due qualunque) che lo introducono nel circolo di Sergei Diaghilev’s dove diventa intimo di Jean Cocteau, Picasso, André Derain e Léger, che diventa il suo mentore.

Razor, 1924
Cocktail, 1927

Decide poi di trasferirsi in Costa Azzurra, dove la coppia raccoglierà intorno a sé un grande cerchia di artisti e scrittori di fama, come Zelda e Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, John Dos Passos, Archibald MacLeish, John O'Hara, Cole Porter, Dorothy Parker e Robert Benchley, oltre agli ormai inseparabili Léger, Cocteau, Picasso.                    Prima del loro arrivo la Costa Azzurra era un posto un po’ sonnacchioso, che veniva utilizzata solo nei mesi invernali, dai ricchi francesi e vegliardi, per essere poi abbandonato nei mesi estivi. Nel 1923 i Murphys convincono l'Hotel du Cap a rimanere aperto per l'estate in modo da poter intrattenere i loro amici, dando il via a una nuova era per la Costa Azzurra, che da quel momento, diventerà il rifugio estivo del jet set internazionale. Lanciando la moda dei bagni di mare, dei pic nic sulla spiaggia, dell’ombrellone.
 
Gerald e Sara a Cap
 

In questo clima mondano e festaiolo, nasce e si sviluppa la passione per l’arte. Gerald dipingerà solamente dal 1921 fino al 1929, elaborando uno stile assolutamente originale, che di fatto, supera cubismo e precisionismo. Realizza, in controtendenza, tele anche di grandissime dimensioni (guardate la foto qui sotto), che esaltano oggetti di uso comune, colti dalla pubblicità o dagli scaffali dei negozi. Trasformati in icone. Un’intuizione che anticipa realmente il movimento pop art, e della rilettura artistica del consumismo, condividendo con artisti come Charles Demuth e Stuart Davis le nuove intuizioni.

 

The Boatdeck, esposto nella foto sottostante, andato perduto.
Gerald Murphy’s Boatdeck, esposizione al Salon des Indépendants, Grand Palais, Paris, 1924. Da notare la grande dimensione delle sue opere.



A partire dal 1929, anno nel quale cesserà di dipingere, iniziano i problemi.
Viene diagnosticata la tubercolosi al figlio Patrick, che deve essere portato prima in Svizzera, e poi a New York, dove Gerald deve confrontarsi con la crisi della depressione causata al crollo di Wall Street. Nel giro di 2 anni moriranno sia Patrick che il primogenito Baoth, di meningite.
Si ritirano così alle Dune, un tempo la più grande casa a East Hampton, costruito dal padre di Sara su 600 acri.

Gerald morirà il 17 ottobre 1964 a East Hampton, due giorni dopo il suo amico Cole Porter. Sara morirà il 10 ottobre 1975 ad Arlington, Virginia. Anche Ernest Hemingway si ispirerà a loro, nel romanzo i Giardini dell’Eden.

portrait, 1928 - lost

con Picasso in Costa Azzurra

Assonanze: Edmund Lewandowski studio copertina per Fortune, 1949
Last Days: Gerald and Sara Murphy toast each other at Swan Cover, their home in East Hampton, ca. 1963






martedì 26 marzo 2013

GRETA GARBO E LA MAGIA DELLE MANI




Te ne accorgi per caso. Poi, inizi a contare. Una, due, tre...10... Su 100 foto ufficiali, tutti primissimi piani di Greta Garbo, ben 82 immortalano le sue mani. Che incorniciano il volto, sorreggono il mento, s’intrecciano come ali battenti, sbucano misteriosamente da una guancia o dai capelli. Anche nelle foto giovanili. Quindi in pose non guidate dalle ferree indicazioni di un fotografo professionista, ma quasi certamente imposte da Greta in tutte le sue pose, a tutti i fotografi.

 

Perché? Sicuramente c’è una spiegazione, magari nascosta in qualche intervista o in qualche saggio sul divismo. Io non la conosco. Ma sono 4 le ipotesi "possibili" che ho provato a immaginare.

Perché la Garbo è, di fatto, una donna chiusa e timida e le mani in qualche modo la aiutano ad affrontare un momento difficile come uno scatto fotografico (e non a caso, sparirà al mondo negli ultimi anni della sua vita).
Perché lei sa che le mani sono lo specchio dell’anima e, in fondo, viene anche lei dal cinema muto, nel quale si doveva enfatizzare ogni gesto per esprimere un sentimento.
Oppure, perché ha il mento duro, è un po’ nasona e pensa che le mani ammorbidiscano il tutto, dilatando lo sguardo. Infine, perché le mani sono la parte del corpo che ama di più, e che lei considera più bella. Sin da quando era adolescente.




Una tecnica di comunicazione che ha pagato. Ho guardato tante altre foto del periodo.
Molte la imitano, o a lei si ispirano (ad esempio la mitica Gloria Swanson o Marlene Dietrich), ma nessuna con quella costanza e iterazione. C’è solo un personaggio che, come lei, fa delle mani un’icona, un codice, una magia.
Edith Piaff, uno scricciolo con la faccia pallida, le sopracciglia marcate dal trucco, le labbra scure.





Alfred Stieglitz - Georgia O'Keeffe, Hands, 1918
Heorgia O'Keeffe