UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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giovedì 22 dicembre 2011

GEER VAN VELDE, MAESTRO ANOMALO



L’oggetto della rappresentazione resiste sempre alla rappresentazione.
E cosa resta di rappresentabile se l’essenza dell’oggetto consiste nel sottrarsi alla rappresentazione? Restano da rappresentare le condizioni di questo sottrarsi.
È dipinto ciò che impedisce di dipingere.

La pittura dei Van Velde emerge, libera da ogni preoccupazione critica, da una pittura di critica e di rifiuto, rifiuto di accettare come dato il vecchio rapporto soggetto-oggetto.

A partire da questo momento restano tre vie che la pittura può imboccare.
La via del ritorno alla vecchia ingenuità, attraverso l’inverno del suo abbandono, la via dei pentiti. Poi la via che non è più una via, bensì un ultimo tentativo di vivere nel paese conquistato. E infine la via in avanti di una pittura che si preoccupa poco sia di una convenzione superata sia delle ieraticità e dei preziosismi delle inchieste superflue, pittura d’accettazione, che intravede nell’assenza di rapporto e di oggetto, il nuovo rapporto e il nuovo oggetto, via che si biforca nelle opere di Bram e Geer van Velde.

Samuel Beckett, Disiecta saggio sulla pittura dei fratelli Van Velde

Samuel Beckett e Geer van Velde, Yew Tree Cottage, Sussex, 1938
Geer Van Velde (1898 - 1977) è un pittore olandese, fratello dell’altro grande maestro astratto Bram Van Velde.
Artista precoce, sulla scia di molti grandi del suo tempo (da Picasso a Balla), già a 12 anni inizia a lavorare come decoratore presso la ditta Schaijk & Kramers. Ma il titolare, colpito dalle sue innate capacità, lo spinge a studiare e a perfezionarsi. Dopo studi più o meno irregolari, e il servizio militare nella Croce Rossa (un obiettore di coscienza in partenza) nel 1925 si reca a Parigi, la città che diventerà la sua casa. Raggiunto dal fratello si stabilirà infatti a Montparnasse.

Cubista ? …nahhhh. Razionalista? Bah.
In un mondo di «ismi» e «neocose» Geer elabora un linguaggio assolutamente personale. Astrattista della prima ora, ma lontano da gesti eclatanti. Simbolo dell’avanguardia del ‘900, ma anche di una ricerca che lo riporta ai valori primi della pittura, quasi un «primitivo». 
Con un stile geometrico fortemente riconoscibile, che utilizza gamme cromatiche chiare e trasparenti, in una continua ricerca di equilibri compositivi. Più vicino a Morandi, come rigore, che ai Cubisti, o al De Stijl, secondo uno stile che lui stesso chiamerà «exploration-introspection» che vive nelle opere finité, come negli studi e nei bozzetti.


Divenuto amico di Samuel Beckett, che sull’opera dei due fratelli realizzerà un famoso saggio onirico, del quale abbiamo oggi presentato degli estratti, viene definitivamente lanciato dalla Galleria di Peggy Guggenheim e dalla Mostra londinese del 1938.
E’ l’inizio del successo, che lo portera a viaggiare per tutto il mondo, ottenendo importanti premi nelle maggiori rassegne internazionali, riconosciuto come uno dei massimi esponenti della Nouvele Ecole de Paris.
Con l’orgoglio di una sua retrospettiva, organizzata appena 46enne, nel 1944 proprio a casa sua, allo Stedelijk Museum in una Amsterdam appena liberata.
Morirà a Cachan nel 1977.
Sue opere sono esposte al Musée National d'Art Moderne di Parigi, al Museo di Arte Contemporanea di San Paolo, al Moma di New York.