La scienza ha sempre cercato, nel
tempo, di riprodurre repliche di uomo (e donna). Cioè un simulacrum “figura-statua”, parola
che indicava originariamente l’immagine o la rappresentazione di una
divinità.
Con obiettivi sicuramente scientifici,
funzionali all’apprendimento, alla simulazione, alla pratica medica e
tecnologica. Il problema è la stratificazione tra prassi e visione, che porta
un ulteriore soggetto a diventare l’esecutore materiale dell’opera. Una figura
ambigua, vocata a tracciare a linea estetica del manufatto finale, sia esso un Dummy (un pupazzo da crash test), un Dentoform Dental hantom, struttura di metallo per in training del dentistii o via dicendo. Una
figura che a volte è un artigiano, come per esempio Walter Schulze-Mittendorff,
robot designer di Maria The
Maschinenmensch ("machine-person") nel capolavoro di Fritz Lang Metropolis.
Quasi
sempre, l’artista diventa il medico stesso. o lo scienziato. Che qui si abbandona al proprio
estro artistico e interpretativo. A volte liberando i propri mostri. A volte rasentando l'estasi come in questi straordinari manichini da crash per paracudisti degli anni '40 la cui composizione plastica ricorda Donatello.
Ma poi, non c’è anche nulla di più agghiacciante di un pupazzo del crash test che ghigna,
della sagomatura di un profilo metallico, di un dente incapsulato nell'acciaio. Come le statue di cera del '700, che si aprivano per svelare la morte. Ecco perché se ne avessi i mezzi costruirei
una wunderkammer di manichini, props,
wooden head. Perché l’immaginario è ancora ricco di interpretazioni, e parco di risposte.
La
parola manichino deriva dall’olandese “manneke” che significa piccolo uomo, che
poi si evolve nella parola francese “mannequin”. I precedenti dei manichini
sembrano risalire già al 1500, figure in somiglianza di Madonne o sacre , da
usare nelle rappresentazioni mentre nel 700 , nella sartoria si utilizzavano
delle piccole figure, quasi delle bambole dove in scala presentare le
creazioni. A Venezia i manichini erano chiamati “piavole de Franza”,
bambole.
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