lunedì 12 febbraio 2018

LA DONNA CHE RITRAEVA LE DONNACCE. JEANNE MAMMEN.

Jeanne Mammen (21 novembre 1890-22 aprile 1976), come scritto nella presentazione della sua mostra berlinese, quella che ha sancito la sua riscoperta è stata ”…una delle figure più ingombranti e più colorate della recente storia dell'arte. Come artista berlinese, ha vissuto due guerre, distruzione, povertà e il ritorno delle rovine in modo molto personale e produttivo. Come solitario e acuto osservatore, Mammen ha sviluppato una personalità potente con un messaggio chiaro: la distanza crea vicinanza. Non ha risparmiato alcun ambiente e nessuna esperienza. Ha ritratto contemporanei glamour, il nuovo tipo di donna sicura di sé, così come la vita notturna frivola o figure ai margini della società ... icone distintive della "Golden Twenties"…” Il suo sguardo si ferma su tutto, soprattutto sulle donne di malaffare, le puttane, le amiche, le donne sole, povere, ubriache, sgualdrine, con lo sguardo torbido, ridente, scatenato, o disperato.



Nel 1930 tenne una grande mostra nella galleria dell’editore Fritz Gurlitt che le regala il successo (effimero) e che le chiede di creare nei due anni successivi, su suggerimento di Gurlitt, una delle sue opere più importanti: otto litografie che illustrano Les Chansons de Bilitis, raccolta di poesie d'amore lesbiche di Pierre Louÿs.    
Hitler prende il potere e ben presto le opere di Jeanne e di migliaia di altro artisti disturbano i nazisti.  
Nel 1933, in seguito alla sua inclusione in una mostra di artisti femminili a Berlino, le autorità denunciarono i suoi motivi e soggetti come "ebrei" e bandirono le sue litografie. Fino alla fine della guerra praticò una sorta di "emigrazione interiore". Smette di esporre il suo lavoro e si è concentrata sulla pubblicità, sopravvivendo vendendo libri di seconda mano da un carretto a mano e inizia a realizzare disegni di marca cubista.
Dopo la guerra, anche lei si scopre diversa. Rifiuta il figurativo e affonda nella pittura astratta e nel collage aniconico. Dimenticata per 40 anni verrà rivalutata a partire dagli anni '70.





A Berlino, nel 1935
Fata Morgana, Jeanne Mammen. dipinto nato nel 1969 dopo un viaggio in Marocco dove attraversa le montagne dell'Atlante e il Sahara con alcuni amici uno dei quali, colpito da polmonite, rischia di morire. In questo delicato dipinto, Fata Morgana, Mammen mostra e elabora il suo viaggio nel deserto. La pace viene visualizzata nel dipinto attraverso l'esposizione di una mano bianca e un giglio. La "Mano di Fatima" è pensata come un oggetto per tenere lontana la sfortuna nel mondo musulmano. 
La Mano ha anche il segno del mercurio su di esso e combinato con il giglio, si dice che combini armonia tra misticismo islamico e cristianesimo.

Jeanne Mammen, Selbstbildnis (Self-Portrait), undated (ca 1926).


Prostitute, Erichstrasse, Berlin, 1927

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