Un albero come punto di arrivo in un percorso personale, che trova numerosi
riferimenti, ma mai adesioni a stereotipi. Una pittura nella quale molti
critici hanno ravvisato il frutto della lezione di Morandi, Sironi e de Staël, oltre a
singolari tangenze col Burri dei sacchi e cellotex (come emerge dalla mostra
alla Fondazione Magnani Rocca), ma che si incrocia anche con la famosa serie
degli alberi di Schifano, e perché no, in alcuni lavori di Sergio Toppi e
Ferenc Molnar con l'orizzonte che viene magicamente alzato nella parte superiore dela tela. Perché le sue opere sono belle, ovvio (cercatelo in rete), ma sono soprattutto sincere. Mio padre avrebbe detto "un soffio..."
Mattioli nasce l’8 maggio 1911 a Modena, figlio di un pittore figurativo e docente, che conduce la famiglia a Parma, dove Carlo studierà Belle Arti. Nel 1937 si sposa con Lina, protagonista di molte sue opere, ritratti, nudi, iniziano dagli anni ’40 a occuparsi di grafica.
Del
1943 la prima personale alla Galleria del Fiore di Firenze. I nudi lasciano
spazio alle nature morte, quindi ai paesaggi di Parma, ai notturni, e infine
paesaggi arsi dal sole e dalle nubi.
Come
citato nel sito a lui dedicato “Sono forme di frequentazione e consuetudine
antiche viste, meditate infine disseppellite dopo molto tempo in un’esplosione
di colori per lui inediti: le spiagge, i campi di papaveri e di lavanda, le
ginestre, le aigues mortes, gli alberi, la Versilia, le colline di Castrignano,
le foreste di Birnam, i boschi.”
Nel
1983 muore Lina. Nello stesso anno avviene la grande donazione all’Università
di Parma.
Nel
1993 esegue gli ultimi quadri a olio. Una nuova pagina. Sono calanchi bianchi,
come fantasmi di pietra. Muore a Parma il 12 luglio del 1994.
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