Eccentrico,
filosofico e poliedrico artista, quasi sconosciuto in Italia (ma amato e noto
nella sua città) Cesare Sofianopulo (Trieste, maggio 1889 –marzo 1968) è stato
un pittore e letterato italiano di origine greca, un dandy sempre sopra le
righe. Cosmopolita, come spesso accade in quel tempo a Trieste, compie la sua
formazione artistica presso l'Accademia
di Monaco e poi a Parigi e debutta nel 1908 all'Esposizione Permanente di Trieste.
Nei
suoi ritratti la contemplazione della morte è costante, è un pirandelliano che
avverte la forte influenza della psicoanalisi che proprio a Trieste trova in
Italia la propria casa. Dipinge spesso
immagini riflesse negli specchi, del resto come già scriveva Baudelaire "gli
specchi mostrano tutte le cose nella loro forma più bella". Autorevole
membro dagli anni giovanili del Circolo Artistico
di Trieste, nel 1923 ne divenne bibliotecario e successivamente membro
del
direttivo. Smise con il tempo di dipingere, per dedicarsi alla scrittura
e alla
traduzione dal francese di Baudelaire. Fu l'unico intelettuale che
rimase vicino sino alla fine in manicomio a un artista più disperato che
maledetto come Vito Timmel.
Ecco due grandi opere così come raccontate
nelle schede del Museo Revoltella di Trieste. Quasi impossibile reperire altro
in rete.
impressionante
la somiglianza con The Joker - Heath Ledger
as Batman baddie the Joker in The
Dark Knight
Nella tela
"Maschere", del 1930, l'ossessivo moltiplicarsi dell'ego trasfigurato
(l'artista si ritrae per cinque volte in vesti diverse) soddisfa il
pirandelliano concetto di metamorfosi della personalità a cui Sofianopulo mira
nel corso della minuziosa e variegata disamina che egli compie continuamente su
sé stesso. In questa stravagante composizione l'artista sembra passare in
rassegna le molteplici sfaccettature della propria indole ed esprimere - come
rileva Malabotta nel '30 - le varie "possibilità fisionomiche",
raffigurandosi di volta in volta "angelico, pensoso, satanico, imperatorio
e irresistibile".
L’"Autoritratto bifronte" detto anche
"Autoritratto dualistico" o "Il mio riflesso" pone a
raffronto due aspetti della personalità dell’artista, evidenziati dai due libri
visibili sotto il braccio dell’artista (Baudelaire e Verlaine) e di cui proprio
in quegli anni egli aveva curato la traduzione.
In questo dipinto, lo sdoppiamento dell’artista
risponde all’esigenza di svelare almeno “due” aspetti della sua personalità per
dimostrare di essere un autentico artista, come suggerisce Baudelaire nel
saggio "Dell’essenza del riso e in genere della comicità nelle arti
plastiche".
di riflettere la nostra immagine.
Jean
Cocteau
Splendida opera
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