martedì 26 settembre 2017

BIGLIETTI DA VISITA. CHI SEI. E CIO' CHE VORRESTI ESSERE

Ormai quasi più nessuno, privatamente, li commissiona e li detiene, come le sputacchiere o i bastoni da passeggio, ma sono uno specchio fedele del proprio tempo. Io li feci fare per mia figlia, a 9 anni, con sopra scritto GIULIA e sotto BAMBINA ...ma lei si vergognava e li usò pochissimo. Reggono bene invece quelli pensati per il business e di solito dopo che li ricevi, li lanci in una scatola e li dimentichi. Leggi Wiki e scopri che sono stati inventati nel 1700 in Francia, per poi venire adottati in Italia a partire dal 1730, tanto che se ne trova una citazione in Carlo Goldoni:

«Partendo da Bologna, facendo a lei ritorno, in visite una volta spendeva tutto il giorno: ora con i biglietti supplisco a ogni impegno.
Ah! I Francesi, i Francesi hanno il gran bell'ingegno!»
Il Cavalier Giocondo, 1755

Non ne sarei così certo. Pericle ad esempio faceva precedere le viste alla sua amante Aspasia di Mileto, intorno al 440 a.C da una striscia di papiro con scritto sopra il proprio nome. Sino alla fine dell’800 furono di fatto territorio dei tipografi, che ne codificarono impostazione e grammatura (circa 350 gr.). 
Poi con le avanguardie che equiparano la grafica all’arte, si capì che poteva dare spazio a nuove esplorazioni, ma sono rimasti una delle grandi risorse delle tipografie sino al 2000, prima di perdere definitivamente diffusione. Eppure hanno uuna funzione sociale precisa. Perché un biglietto da visita non ti dice solo che ci sei, ma chi sei, e, soprattutto, chi vorresti essere.








 







































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