“In Italia non c’è nulla, sono
stato dappertutto. Non c’è pittura che valga. Sono stato a Venezia, negli
studi. In Italia, c’è Ghiglia.C’è Oscar Ghiglia e basta”
Quindi c’è un grande artista che pochi citerebbero all'impronta, e che conoscono
veramente. Ma vi sfido a fare due cose: 1) googolare sulle sue immagini 2)
vedere una sua opera dal vivo, per capire che è stato uno dei maestri del primo
novecento, uno di quelli dotati del dono dell’inespresso, che riesce a
distinguersi e a prevalere tra altre opere di genere, magari di medesimo
soggetto.
Carezza i colori e con essi le figure e gli oggetti.
Carezza i colori e con essi le figure e gli oggetti.
Oscar nasce a Livorno nel 1876, e nella sua città natale
iniziò a frequentare l’ambiente artistico da autodidatta conoscendo Amedeo Modigliani,
che evidentemente si stupì di quel talento naturale. Nel
1900 Ghiglia si trasferisce a Firenze, dove prese una stanza in affitto proprio
insieme ad Amedeo, più vecchio di qualche anno di lui, e su consiglio di
Giovanni Fattori, che insegnava all’Accademia di Belle Artifi, si iscrive alla
Scuola Libera del Nudo. Ma è anche l’amicizia con Modigliani, che rimarrà sempre in contatto con lui, a lasciare l’ambito provinciale e a scoprire l’arte europea di
quegli anni. Nel 1901 esordisce alla Biennale di Venezia e ottiene un successo.
Grazie
a queste relazioni avviene l’incontro con Ugo Ojetti, e con Gustavo Sforni, collezionista
di Cézanne e Van Gogh, che divenne il mecenate di Ghiglia per molti anni -
offrendogli un compenso annuale con cui si garantiva il diritto di prelazione
su tutta la sua produzione che inizia a essere di qualità assoluta. Di
fatto intuisce suggestioni molto lontane dal suo ambiente creando una decina di
opere che considero, piccoli, capolavori, intimisti, caratterizzati da una
pittura pastosa. Giovanni
Papini coglie questa evoluzione stilistica, che porta il pittore a
«rappresentare esteriormente non cose ed oggetti, ma una emozione, uno stato
d’animo per mezzo di semplici e comuni figure». Per un lungo periodo Ghiglia
abbandona l’attività espositiva e si ritira a Castiglioncello. Scrive Federico
Poletti: “Sono anni in cui la ricerca di
Ghiglia verte soprattutto intorno alla pittura d’interni e alle nature morte,
composizioni in cui le forme, nitidamente scandite - secondo la lezione di
Cézanne appaiono esaltate dall’uso di colori brillanti. Il
progressivo allontanamento dal naturalismo post-macchiaiolo lo conduce verso
quegli effetti di “iperrealismo” che ne fanno un precursore delle atmosfere
immobili del “realismo magico”. Gli
anni del Futurismo lo vedono appartato. La
sua ultima partecipazione a una mostra fu in occasione della Seconda
Quadriennale d’Arte Nazionale 1935. Muore nel 1945. Era padre
di Paulo Ghiglia, e di Valentino Ghiglia, entrambi pittori.
Carissimo
Ghiglia,
... e questa volta rispondi, a meno che il peso degli allori non ti
aggravi la penna. Leggo adesso nella Tribuna l'annunzio della tua accettazione
a Venezia: Oscar Chiglia, Autoritratto. M'immagino quell'autoritratto di cui mi
parlasti e a cui già pensavi da che eri a Livorno. Mi rallegro molto e molto
sinceramente. Crederai che questa notizia mi ha scosso!
lo son qua a Capri (un luogo delizioso, tra parentesi) a far la cura... E son
quattro mesi adesso che non ho concluso niente, che accumulo materiali. Prestò
andrò a Roma, poi a Venezia per l'Esposizione... faccio l'inglese. Ma verrà anche il momento di
sistemarmi a Firenze probabilmente e di lavorare... ma nel buon senso della
parola, vale a dire dedicarmi con fede (testa e corpo) a organizzare e a
sviluppare tutte le impressioni, tutti i germi d'idee che ho raccolto in questa
pace, come in un giardino mistico. Ma parliamo di te: ci siamo lasciati nel punto più critico del
nostro sviluppo intellettuale e artistico e abbiamo camminato per due vie
diverse. Vorrei ritrovarti adesso e parlarti. Non pigliare questa lettera come
una congratulazione volgare, ma come testimonianza dell'interesse sincero che
piglia per te l'amico. Modigliani
Ojetti nello studio |
Ritratto di Llewelyn Lloyd |
GIGLIA: VEDERE DAL RETRO
Isa Ghiglia alla toilette, o anche "Isa vista da dietro" 1910
c.a.
è un quadro emblematico.
"Il soggetto "Donna allo specchio" aveva per lui una grande attrattiva e varie cose eseguì su questo motivo. Il ripetersi del soggetto non lo turbava, che sapeva dare ad ognuno nuove impronte di luce e di vita". (dal diario della moglie Isa.
Lei è vista da dietro seduta alla toilette e l'amore immutato dell'uomo porta l'artista a vederla ancora come la sua giovane sposa, ma lo specchio brutale ed inflessibile rimanda il volto di una donna segnata dal tempo. Il quadro è costruito con sapienti successioni di piani ed eccitanti accostamenti di forme, luci e colori. In primo piano risplende il panno di un rosso vinato percorso da luminose pieghe color di rosa. Dietro spicca la veste candida della donna, mentre la nuca bruna di lei contrasta con il vetro translucido ed i fiori del piccolo vaso. Su un piano ancora più arretrato si affaccia dallo specchio ...
Il tempo sospeso.
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