La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea i Roma presenta un incontro dedicato a Enrico Accatino, occasione
non solo per approfondire il percorso dell’artista ma anche per introdurre un
dibattito su una questione delicata e attuale, ovvero il destino di un
bene come quello di uno studio d’artista e le ragioni coinvolte nella sua
tutela.
Chiude
a Roma a Via Agri, al quartiere Trieste, lo studio del Maestro Enrico Accatino (Genova 1920 – Roma 2007) pittore,
scultore, innovatore dell’arte tessile e teorico dell’educazione artistica in
Italia, passato dal figurativo all’astrattismo negli anni Cinquanta, protagonista
di una produzione durata quasi settant’anni. Una chiusura dettata da una serie
di allagamenti e da un contenzioso legale che ha impedito agli eredi, lasciati
soli dalle istituzioni, di proseguire il progetto culturale avviato alla morte
del padre, non ha frenato loro dal farsi carico di aprire un nuovo spazio per
la conservazione e la catalogazione delle opere. Da questo nuovo impulso, lo
studio rinasce oggi con un progetto di valorizzazione in preparazione del 2020,
ricorrenza del centenario della nascita dell’artista, all’interno del quale la
famiglia Accatino condividerà con il museo parte dell’Archivio. Quando uno studio consegna le chiavi in segno
di resa, si riaffaccia la circostanza giusta per fare il punto sulla situazione
che accomuna ogni Studio d’Artista, eredità culturale che non sopravvive,
tranne in casi eccezionali, ai propri artefici, e ritorna necessario parlare
del riconoscimento di quello status di valore immateriale (universitas rerum) che, di fatto, non è ancora espresso nella realtà dei fatti.
Con
la partecipazione degli storici dell’arte Giuseppe
Appella e Claudio Strinati, già
Soprintendente per il Polo Museale romano dal 1991 al 2009, di Marcella Cossu, storica dell’arte della
Galleria, e del figlio Alfredo Accatino,
autore del volume Outsiders, con il
contributo video NERO del regista
Mario Greco, che ha filmato la chiusura dell’atelier.
Evocativo
in questo senso è la pagina di diario che il figlio Alfredo ha trovato tra gli
appunti di Enrico: “Cosa farò tra qualche
anno? Quando sarò così vecchio da non potere più esprimere i miei sogni? Lo
ignoro. Ma so che solo nel mio studio sono stato (e sarò) veramente a mio agio.
Nella mia casa. E mi piacerebbe, come certi animali, rinchiudermi per sempre
nella tana. O sparire, un giorno, allontanandomi dalla capanna, come certi
sciamani.”
Enrico Accatino, nato a Genova nel 1920, è stato allievo di Felice Casorati prima di
diplomarsi all’Accademia di Belle Arti di Roma e partire per la Francia.
Figurativo, attivo su tematiche di etica sociale, e poi di rigorosa tematica
espressiva, nel 1953 si aggiudica il Premio Marzotto e inizia il percorso di
avvicinamento all’astrattismo, che esplorerà con ogni tecnica espressiva,
divenendo il promotore dell’arte tessile in Italia. Teorico dell’educazione
artistica, è stato autore di pubblicazioni fondamentali per la definizione
della nuova disciplina, partecipando negli anni ’60 a circa 400 puntate di trasmissioni
televisive come “Telescuola” e “Non è mai troppo tardi”. Due sue opere fanno
parte della collezione della Galleria Nazionale.
ENRICO ACCATINO NEL SUO STUDIO NEL 2006, POCHI MESI PRIMA DELLA MORTE |
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